Nicuzzu arrancava dietro il passo degli uomini
che dopo una dura giornata di lavoro nei campi tornavano in paese, stava
appresso all’ultimo della fila che era suo padre. Quel giorno Nicuzzo aveva
tanto insistito per recarsi nei campi insieme a lui e il padre per quella volta
non era riuscito a dire di no. Per l’intero giorno tagliò curvo con la falce e
il bambino per l’intero giorno stette a correre dietro le farfalle e alle serpi
e poi scoprì i gelsi neri.
“Pà,
si mangianu chissi?”
“Prova”
Nicuzzo
provò a mangiarne uno, ed anche se il sapore inizialmente era aspro
poi spandeva in bocca una piacevole dolcezza. In poco tempo le sue mani
divennero di sangue bluastro e anche il suo volto si disegno della strana
guerra d’aver mangiato tanti gelsi neri.
“Ora
basta, se no ti viene il mal di stomaco”
gridò suo padre.
Sulla strada del ritorno Nicuzzo si attardò a
raccogliere delle nespole amare nonostante il padre lo richiamasse a camminare
e a non perdere tempo.
“Pà, si mangianu chissi”
“Prova”
Diede
un morso ad una delle nespole e: “ … puu
… pu …. su' allappusi”.
“Ora
su' allappusi, ma fra un paio di mesi saranno dolcissime”
“Ci
voli tiempu!”
“Bravu
ci voli tiempu. E ora camina ca si sta faciennu scuru” disse il padre stanco di
badare alle soste di Nicuzzu.
“Si ci fai perdiri tiempu, la prossima vota ti
lassu cu tua matri”.
Gli uomini che stavano davanti ridevano nel
vedere l’ultimo della colonna alle prese con le sciocchezze del suo bambino.
Intanto imbruniva e una grande luna si alzò
dalla collina, piena e luminosa. E
Nicuzzo guardò il suo splendore e gridò: “Pà , si mangia la luna?”
E
il padre rispose: “Sì, si mangia, a feddi a feddi”.
Gli uomini della colonna risero tutti e per
tutta la vita Nicuzzo si chiamò “Mangia
la luna”.
Ma
Nicuzzo quella sera non disse più niente ed accettò la spiegazione del padre, coincise per qualche anno con la sua fantasia;
ne era certo per le diverse fette che
andavano mancando come se gli invisibili angeli nel cielo si nutrissero di quel
pasto; e poi Dio ogni volta lo ricostruiva per loro.
francesco
zaffuto - “dai racconti di mio padre”
Pagina di alta poesia in prosa.
RispondiEliminaCaro Francesco, veramente un racconto di altri tempi!
RispondiEliminaTuo padre aveva lo spunto poetico, racconto bellissimo.
Buona giornata caro amico.
Tomaso
semplicemente bellissima, un piacere leggerla... un abbraccio
RispondiEliminaSevera e dolcissima insieme la figura di questo padre e ricco di fantasie il bambino.
RispondiEliminaÈ una meraviglia questo tuo racconto...è pieno di suoni, di sapori e di profumi, davvero intenso e nella sua brevità sta l'attimo fuggente del ricordo che non muore. Bellissimo. Grazie per avermi invitato a leggerlo e per le altre cose gentili e molto interessanti che hai scritto da me. Sarà un piacere e un onore. Serena domenica.
RispondiEliminaSuperbo racconto!
RispondiElimina