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SALVARE QUALCOSA

Oggi, 4 Ottobre 2012, ho deciso di inserire in questo post tutto l'intero dramma in tre atti sugli ultimi anni di vita di San Francesco. Il post si presenta lungo e forse di non facile consultazione, alla fine del post è inserita una nota introduttiva.

 Chi volesse per praticità la versione  cartacea può chiedermela  scrivendo a zafra48@gmail.com  - prezzo recupero stampa e spedizione € 8,00 + € 3,00 spese spedizione 
La presente versione via internet  può essere liberamente fruita e fatta circolare per uso personale e non a scopo di lucro - Per eventuale rappresentazione dell'opera scrivere all'autore alla mail di  zafra48@gmail.com

SALVARE QUALCOSA – teatro – opera in tre atti - di Francesco Zaffuto © Copyright febbraio 2009 (opera edita a cura dello stesso autore nel numero limitato di 199 copie - con deposito Biblioteca Nazionale di Firenze 2165/09/ACC 26/03/09) 

SALVARE QUALCOSA

Personaggi

Francesco

Frate Leone

Frate Elia

Frate Aimone

Frate Gerardo

Il cardinale Ugolino

Frati per Strada

Chiara

Suor Maria

Frati convenuti a Roma

Frati per la strada di Assisi


ATTO PRIMO

Scena prima

Una grande sala,  illuminata da una grande finestra dalla quale proviene la luce del giorno, scranni in semicerchio. Entrano in scena Francesco e Frate Leone.

Frate Leone - Ci vuole ancora tempo prima che arrivano. Hai insistito per arrivare prima di tutti e ora ci toccherà aspettare.

Francesco - Volevo vedere la sala, volevo veder se ci stava abbastanza luce. Se ci potremo guardare in faccia senza timore di nasconderci. E vedo che c’è abbastanza luce, (indicando la finestra)  quella di Dio. E’ maggio,  e le giornate si sono fatte più lunghe. Sarebbe opportuno concludere i discorsi finche c’è questa luce, senza ricorrere alle candele che tanto nascondono.
 Quando la luce non c’è occorrerebbe dormire, così ha previsto il nostro Signore al momento della creazione. Noi spesso contravveniamo, disputiamo tanto di notte al lume delle candele e siamo dormienti di giorno, anche quando apparentemente siamo svegli. (Comincia a contare le sedie).
Ci sarà posto per tutti? Quanti saranno?

Frate Leone - Non lo so. Frate Elia ha fatto la conta ed ha fatto sistemare le sedie. Ci sarà sicuramente posto.

Francesco - Tu dici? (sorridendo)  Frate Elia volentieri alcuni li lascerebbe senza sedia, li farebbe sedere per terra. A scopo educativo s’intende per fargli provare la durezza del pensare senza sedia. (sorride ancora) Per terra,  in modo che i fratres sapientes possano meglio fare affluire alla mente delle luminose idee.

Frate  Leone - Sei allegro oggi?

Francesco -  Vorrei esserlo. Sì, vorrei esserlo. Mi faccio forza dentro per esserlo eppure è come se dentro di me fosse scomparsa l’iniziale letizia.
 Ti ricordi,  l’iniziale letizia…. per un momento... quando siamo arrivati qui a Roma per la prima volta e ci guardavano tutti come degli orsi marsicani. Se ci avvicinavamo a qualcuno dei chierici romani quelli si scostavano impauriti, come se avessimo avuto la pece addosso. Ed Elia, ti ricordi?  Faceva apposta a tentare di abbracciare fraternamente qualcuno e il malcapitato si metteva a paura come  per un possibile contatto con la peste. (Porridono ambedue)
 (Poi continua con un tono grave). La vado cercando la letizia oggi negli occhi dei miei fratelli e diventa sempre più rara.  Stanno tutti preoccupati di non si sa che cosa, dello sviluppo dell’Ordine, dell’interpretazione della Regola, delle donazioni che ci piovono addosso nonostante continuiamo ad affermare che vogliamo rimanere poveri. (Poi alza la voce e indica) Guarda quelle sedie.

Frate Leone - Cosa hanno?

Francesco -  Non sono sedie, sono scranni, sono  piccoli troni. Come dei frati poveri possono discutere su quelle sedie?  Potresti procurare un piccolo sgabello per me?

Frate  Leone -  Siamo a Roma. Siamo ospiti della Santa Sede. Come faccio!?

Francesco -  Lo avevo dimenticato per un attimo. Lascia stare,  non cercare sgabelli, sembrerebbe scortese, penserebbero ch’io voglia distanziarmi da tutti quanti.  (Si avvicina alla finestra) 
 Siamo a Roma ed è una bellissima giornata  del mese di maggio del 1222 dopo Cristo.
 Siamo a Roma e sono passati tanti anni da quando abbiamo iniziato. Ora siamo in tanti.
 Tanti frati minori.  Qualcuno li chiama addirittura francescani. Come se fossero miei figli.
 Troppi figli! Troppi.
 E stata questa la mia progenie? Una specie di dannazione per un uomo che ha vissuto in castità e che ha visto moltiplicare i suoi figli in maniera così strepitosa.
  Verranno ancora una volta a chiedermi cosa debbono fare;  come se non fosse stato mai detto nulla. Staranno là ad ascoltare con  attenzione, ma pronti a interpretare secondo il loro intendimento.


Scena seconda


Entra Frate Elia

Frate Elia -  (si avvicina a Francesco e fa un breve inchino di sottomissione) Ti saluto Francesco.

Francesco -  E io saluto te frate Elia e non t’inchinare dinanzi al tuo fratello minore.

Frate Elia - Sei il nostro sole Francesco e senza di te noi perderemmo la strada e di là ci sono tante ombre che stanno per entrare.

Francesco - Ombre?

Frate Elia -   I nostri fratres sapientes.

Francesco -  Ah,  così tu li chiami? Non ti sembra di essere troppo duro? Ora però, comincia a farli entrare, riceverò la loro benedizione e darò a loro la mia benedizione e poi tu, proprio tu,  li condurrai nel dibattito.

Frate Elia - E’ con te che vorranno parlare. E a te che vogliono chiedere.

Francesco - (con aria grave) Tutto quello che avevo da dire,  più volte l’ho detto. E voi mi siete testimoni che l’ho anche fatto,  per quello che le mie forze mi hanno consentito.

Frate Elia -  Leone ed io lo sappiamo bene. Ma i nostri fratres sapientes leggono e studiano, interpretano e disquisiscono. Verrà anche il cardinale Ugolino oggi a questionare con i sapientes.

Francesco - Bene e allora avrai un valido aiuto.

Frate Elia -  E’ dalla tua bocca che vogliono apprendere.

Francesco - (respirando con un po’ di affanno) Se è questo che desideri, cercherò di farmi forza e resterò un po’ con voi.

Frate Leone -  (va verso l’entrata di scena e poi annuncia a voce alta) Ecco arrivano



Scena terza


Entrano i frati e si dispongono  vicini agli scranni. Si leva un canto in laude dell’Altissimo. Finito il canto, frate Elia si pone al centro per aprire i lavori. Francesco sta in angolo estremo.

Frate Elia - Siamo qui convenuti per rendere lode a Dio e per tracciare il percorso del nostro Ordine. Frate Francesco, nonostante la sua salute malferma, è voluto esserci vicino oggi per l’inizio dei lavori e presto arriverà anche il cardinale Ugolino. So,  che alcuni dei nostri fratelli desideravano porre delle domande a frate Francesco.
 Vi chiedo fratelli di fare le domande con parsimonia e di ascoltare con attenzione.  
Ora chi vuol sedersi può farlo.

I frati si siedono tutti, rimangono in piedi Elia, Francesco e uno dei frati convenuti: frate Aimone.

Frate Elia – Frate Aimone,  presumo che sei rimasto in piedi perché vuoi parlare.

Frate Aimone – Sì...(tossisce appena come per prendere tempo).  In un dibattito tenuto in Parigi ci si è posto un interrogativo. E volevo riproporlo in questa sede... Oltre alla povertà di mezzi esiste una povertà di spirito. Nel Vangelo si fa menzione di tale povertà di spirito come necessaria per il Regno dei cieli. Cosa possiamo intendere per povertà di spirito e come percorrere questa strada? fino ad ora gli insegnamenti per i frati minori hanno posto l’accento sulla povertà dei mezzi.

Frate Elia -  Ciò che si tocca e si vede lo si può percepire come prima cosa. Perché passare alla seconda se la prima non l’abbiamo eseguita. Nessuno dice che non debba essere seguita anche la seconda.

Frate Aimone - Ma se la seconda è la più importante ed è stata raggiunta, perché recriminare per il mancato conseguimento della prima?

Un mormorio si leva tra i frati, spento dall’avanzare verso il centro della sala di Francesco.

Francesco -  Noi non dobbiamo recriminare o ergerci a giudici degli altri, ma dobbiamo essere giudici di noi stessi. E il primo dovere che abbiamo dinanzi a noi è di liberarci di ogni mistificazione.  Posso scegliere io  la ricchezza materiale, il godimento di essa, giustificando il tutto con una mia presunta povertà di spirito, mentre il mio prossimo soffre la fame e gli stenti? Posso dire come sono modesto, come sono buono, come sono povero di spirito e tenere sotto il letto una cassa d’oro? Posso fare ciò? Voi potete dire:  qualcuno lo fa. Ma non posso farlo io che ho scelto la strada del “lascia tutto e seguimi”.
mormorio tra i frati
Francesco – (continuando) Ma per essere poveri di spirito bisogna anche percorrere la strada dell’umiltà; le nostre stesse privazioni non debbono portarci ad orgoglio, dobbiamo sopportare le ingiurie, amare coloro che ci percuotono in faccia.

Dopo un breve attimo di silenzio, Aimone riprende a domandare

Frate Aimone - Noi abbiamo scelto di vivere in povertà, ma a volte ci donano dei beni, di cui possiamo godere accidentalmente. Dobbiamo addirittura superbamente rifiutare?

Francesco -  Se  ci donano la possibilità di dormire sotto un tetto, bene, dormiremo e non andremo a dormire in strada al gelo. Se ci imbandiscono una tavola, bene, se non è per noi un giorno di digiuno, mangeremo e ringrazieremo per l’ospitalità. Ma non andremo in cerca di morbidi letti o di tavole imbandite e quando saremo noi nella potestà di fare scelte sceglieremo un letto di crine e una tavola con poco cibo.  Noi non possiamo dirci poveri fruendo di beni che ci donano, non possiamo dirci poveri facendo una vita uguale a quella dei ricchi, sarebbe peggio che essere ricchi.  Siamo andati in giro contenti con una tunica rappezzata dentro e fuori, con un cingolo e le brache: e non volevamo avere di più.  Così siamo nati.

Nuovo mormorio tra i frati.

Frate Aimone - Molte volte abbiamo sentito dire nell’Ordine, in modo pressante, che i frati debbono lavorare. Noi che siamo uomini di studio ti chiediamo: lo studio non è pur esso un lavoro con cui essere in grazia di Dio.

Francesco -  Cosa posso dirti,  io con le mie mani lavoravo e voglio lavorare; e fermamente voglio  che tutti gli altri fratelli lavorino di un lavoretto che sia onesto. Lo studio è anch’esso un lavoro, spesso un lavoro anche più faticoso degli altri. Ma è la remunerazione che ci aspettiamo per il lavoro che deve farci riflettere. Per un onesto lavoro manuale noi ci aspettiamo un po’ di pane e dell’acqua e un letto per dormire; per la ricompensa di un lavoro di studio a volte ci aspettiamo riconoscimenti molto più elevati e non solo materiali e cresciamo in saccenteria e superbia. Se noi ci accontentiamo come ricompensa per il nostro studio di un pezzo di pane e dell’acqua e di un letto per dormire, noi avremmo fatto del nostro studio un lavoretto onesto. Il nostro studio non ci deve servire per ergerci a giudici ma  per meglio testimoniare il Vangelo. Noi  assai volentieri rimanevamo nelle chiese ed eravamo idioti e sottomessi a tutti.

(mormorio frate Aimone si siede)
(si alza un altro frate, frate Gerardo)

Frate Gerardo -  Tu ci hai insegnato l’obbedienza, ma io oggi ti chiedo;  se il nostro cuore ci suggerisce qualcosa, doverosamente qualcosa,  dobbiamo seguirlo?

Francesco - Tu mi hai fatto la domanda più lacerante. Posso dirti che l’obbedienza è santa e nello stesso tempo devi sempre cercare Dio. (Si ferma e poi con il respiro un po’ affannoso continua)  Posso dirti che io vagavo  e  il Signore mi disse che voleva che io fossi un novello pazzo nel mondo; e Dio non volle condurci per altra via se non per questa scienza.  
(Si appoggia a una sedia e poi prosegue) Scusatemi fratelli, ma voi sapete che la mia salute è malferma  e debbo lasciarvi. Resta con voi frate Elia e credo che presto arriverà  il cardinale Ugolino. Io spero di ritornare a incontrarvi perché mi preme di stare ancora con voi.

Francesco sorreggendosi a frate Leone si avvia ad uscire di scena.  Mentre escono di scena Frate Elia intona l’inizio di un salmo, i frati si alzano in canto.

Si chiude il sipario.



Scena quarta

Una stanza disadorna, una finestra da cui proviene luce,  un piccolo tavolo qualche sedia, alla parete un crocefisso.

Francesco è in scena seduto ad una sedia con le mani giunte  come se fosse in preghiera.
Entra frate Leone

Frate Leone -  Francesco, sono io, Leone, scusami se ti distraggo dalla tue preghiere, ma c’è il cardinale Ugolino che vuole vederti.

Francesco - (alzandosi a fatica) Bene, fallo entrare, e apri quella finestra,  ci deve essere odore di chiuso in questa stanza.

(Frate Leone apre la finestra, poi esce e rientra insieme al cardinale Ugolino, Francesco si inchina brevemente in segno di deferenza e Ugolino va ad abbracciarlo)

Ugolino -  Siedi pure Francesco voglio parlarti un po’. Raccontarti di questa mia fatica con i fratres sapientes.

Francesco -  (sedendosi) Volentieri ascolterò, sai quanto mi preme il tuo racconto.

Ugolino -  Un miracolo Francesco. Da non crederci. In quella stanza erano rappresentate tutte le maggiori città d’Europa. Non c’è un luogo dove la tua parola e il tuo esempio non sono arrivati.

Francesco - Senza la grandezza della Chiesa non sarei arrivato in nessun posto, il mio esempio al massimo sarebbe arrivato da Assisi a Spoleto, avrebbe convinto qualche contadino in più.

Ugolino - Non dire così, Francesco, il tuo esempio si è coniugato insieme alla Chiesa e ne hanno tratto forza il tuo Ordine e la Chiesa. E ora dobbiamo salvaguardare questa grandezza.

Francesco -  Mio… cardinale… sai che l’ultima parola che hai detto non mi piace:…”grandezza”.

Ugolino -  (sorridendo) E tu mi hai chiamato mio cardinale per sottolineare…

Francesco - Esatto.

Ugolino – Ma questa grandezza c’è. Ed in qualche modo fa perfino paura. Quando qualcosa diventa grande se non si hanno strumenti adatti per tenerla insieme c’è il pericolo che si spezzi, si sfaldi. E dal suo sfaldamento può nascere qualcosa di inaspettato, diverso, il contrario.

Francesco - Può nascere il contrario del primitivo messaggio?  Dal vivere secundum formam sancti evangelii; può nascere il contrario?

Ugolino - Non ho detto questo. Ho detto che sono in tanti e che hanno bisogno di regole di comportamento e di disciplina. L’essere in tanti è una contraddizione. Quando erano in pochi facevano riferimento a te, a noi. Ma oggi sono in ogni capo del mondo. Dobbiamo dargli una regola precisa e dei riferimenti organizzativi.

Francesco -  Capisco i riferimenti organizzativi che tu dici. Ma una regola l’abbiamo già data. Cosa vuol dire ancora un’altra regola?

Ugolino - Sì, è stata data. Ma per esempio il Santo Padre non l’ha mai confermata con uno scritto ufficiale. Con una bolla.

Francesco - Niente di più semplice, può confermarla con una Bolla, se è questo il problema. Oppure si ritiene che vada cambiata, modificata? Come si può modificare un messaggio che è quello stesso del…  ? Vedi che non oso neanche finire la frase.

Ugolino -  No, no, mio caro Francesco; non si tratta di modificare o di cambiare. Niente di tutto questo. Si tratta di semplificare. Di fare diventare la prima regola più agile, snella. Di facile lettura. Un piccolo corpo giuridico di norme, chiare e semplici, facilmente consultabili da tutti i frati e utile per gli stessi ministri che la debbono fare applicare. La prima regola contiene tutto, contiene norme, contiene consigli, contiene preghiere. Ora si tratta di pigliare solo la parte delle norme e dire:  queste sono le norme che regolano l’Ordine.

Francesco -  E non diventerà arida, senza i consigli, senza le preghiere?

Ugolino - Ma resteranno le preghiere, resteranno i consigli, la prima regola continuerà a vivere, ma la seconda sarà solo consultabile per le norme. Gli stessi fratres sapientes hanno convenuto di questa necessità. E poi in ogni caso la scriveremo insieme, facendo riferimento a tutti i contenuti essenziali della prima.

Francesco -  Non so se tu mi hai convinto. Non so se sono convinto. Dovrai darmi la possibilità ch’io possa pregare. Quello che mi chiedi è tanto grave per me che non so se le mie forze basteranno.

Ugolino - Tutto il tempo che vorrai e tutte le preghiere che riterrai necessarie di rivolgere al Creatore. E sicuramente la forza arriverà.

Francesco -  Avete ancora fiducia in me?

Ugolino -  Certo, non puoi dubitarne.

Francesco -  E la mia di fiducia è stata senza limiti e rispondente alla necessità stessa della salvezza del messaggio evangelico. A volte penso... al vento che fischia tra le foglie, ai tanti fratelli dispersi tra le montagne, a quelli che all’inizio presero una giusta strada e poi si smarrirono o furono smarriti da chi amorevolmente doveva custodirli.

Ugolino - Cosa dici? Non si è perso nessuno del tuo Ordine.

Francesco - Mio… cardinale… lo sai di ch’io parlo.

Ugolino - Ho capito. Ai frati minori non accadrà mai quello che è accaduto ai valdesi o ad altri. Ed è proprio per questo che cerco una forma per rendere ufficiale la regola. Mi aiuterai?

Francesco - L’ho fatto sempre e continuerò a farlo.

Ugolino - Dio sia con te Francesco, verrò di nuovo a trovarti.

Dopo un breve cenno di saluto Ugolino esce ed entra nuovamente Leone

Frate Leone -  La tua giornata sarà faticosa oggi.

Francesco - Perché fai questa previsione, Leone?

Frate Leone - Perché sta per arrivare frate Elia.  Aveva tutta l’intenzione di arrivare da te prima di Ugolino ed invece è stato battuto sul tempo dal cardinale. Non è stato sufficientemente scattante il  vecchio Elia.

Francesco -  (sorridendo lievemente) Stiamo diventando troppo presto tutti vecchi.


Scena quinta

Entra frate Elia come affannato

Francesco - (che sta alzato): Cosa c’è? Calma, calma fratello.

Frate Elia -  E’ stato già qui? E’ andato via?

Francesco - Sì, è stato già qui ed è già andato via.

Frate Elia - Ti è venuto a proporre una nuova regola.

Francesco - (sorridendo) Ahh, sei diventato un frate  indovino.

Frate Elia -  Ma… ma ridi?

Francesco -  E cosa vuoi che faccia? Che mi metta a piangere?  E’ normale,  siamo in tanti. Siamo sparsi in tutto il mondo. Ugolino vuole arrivare a una regola ufficiale, riconosciuta in forma scritta dallo stesso Onofrio lll. Siamo della stessa Chiesa, Elia. Della stessa comunità fraterna.

Frate Elia - Sì, ma non siamo la stessa cosa.

Francesco - Allora vuoi dire che noi siamo migliori? E chi può dire che noi siamo migliori? Possiamo noi stessi essere i giudici in una gara così sciocca? Noi abbiamo solo il compito di servire Dio, testimoniando la nostra miseria. E abbiamo solo un pregio:  la consapevolezza di essere minori, deboli, fragili. Solo questo è il nostro merito, tutto il resto è vanagloria. Tutti gli studi si disperdono al vento se non resta questo. Se non si salva almeno questo.

Frate Elia -  Ed è questo che sarebbero capaci di distruggere. Ci toglierebbero ogni diritto di essere poveri e di predicare la nostra stessa missione di povertà. Già cominciano a insediarsi anche nel nostro Ordine. Hai visto tu stesso quanto rompe quel tale frate Aimone. Ci accerchiano.  Ci stanno sempre col fiato sul collo.  Se ci potessero rinchiudere tutti in un monastero e buttar via la chiave,  lo farebbero volentieri!

Francesco - Tu la vedi così? Non hai fiducia nell’Altissimo? L’avrà pur fatta per una necessità la Chiesa. L’ha fondata su Pietro, per durare e noi ci siamo dentro. Ci siamo per vivificare la testimonianza del Vangelo e non per sostituirci alla Chiesa, siamo nulla senza di essa. E’ necessaria al messaggio stesso di Dio per durare tra gli uomini. Per salvare qualcosa. Per questo noi dobbiamo obbedienza. Caro il mio materassaio, la Chiesa è come era il tuo filo,  “necessaria e indispensabile” per tenere insieme le bende del materasso, per impedire la fuoruscita del crine. Senza questo filo tutto si può disperdere.

Frate Elia - Perdonami Francesco, è che certe volte sento nell’aria tanta cattiveria

Francesco -  E tu a quella cattiveria rispondi con il bene e vai avanti. Fidati di Ugolino, è un brav’uomo ed un bravo sacerdote.

Frate Elia -  Sarà lui il nuovo papa, me lo sento.   E saremo noi ad averlo portato sul trono. E saranno le nostre ossa  che cercherà per prima di aggiustare.

Francesco - Ancora, con le previsioni. E allora, farà bene di aggiustarle se sarà necessario, perché all’obbedienza noi siamo tenuti. E poi cosa potrebbe toglierci se noi non chiediamo nulla? Hai intenzione di chiedere o di volere qualcosa per te? Sei stanco di essere un povero pellegrino?

Frate Elia -  (scuotendo il capo) No

Francesco -  E allora! Non ci può togliere nulla, non ci può togliere nulla.

Frate Elia -  Solo che noi siamo vissuti come una spina e volentieri in tanti si toglierebbero questa spina.

Francesco -  In qualche modo resteremo. Pensa allo stesso Vangelo,  non è da quella spina del Vangelo che noi siamo nati? Potevamo nascere senza di essa?

Frate Elia - Tu ci apri sempre il cuore anche quando sembra chiudersi. Rifarai la regola insieme a lui?

Francesco - Sì e anche tu mi starai accanto, e chiederò ogni giorno anche agli altri fratelli e soprattutto pregherò affinché l’Altissimo mi suggerisca parole e frasi che non destino equivoci.

Escono, e Francesco rimane solo in scena. Si attenua la luce

sul palco, Francesco prende una sedia, la porta al centro del

palco e si siede.
Francesco - Cristo scrisse qualcosa con il dito sulla sabbia e trovò il giusto mezzo con le parole e poi disse “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” e si scartò il giusto dal giusto. Io non riesco, per quanto ci ho provato a trovare uno scarto nelle parole.  Ora mi chiedono ancora una volta di riscrivere la Regola, ma come posso trovare il giusto scarto  se la letizia sembra avermi abbandonato? Ti prego, Signore, caricami delle tue sofferenze ma dammi qualche luce in questo immane compito.


sipario




ATTO SECONDO

Scena prima


Stesso quadro della scena quinta del primo atto

Solo in scena frate Leone, si muove come a fare le pulizie e a sistemare la stanza. Dopo qualche attimo entrano in scena  frate Elia e frate Gerardo.

Frate Leone -  Siete già qui così presto!?

Frate Elia - Non si è ancora svegliato?

Frate Leone - E’ stata una notte di sofferenza. A momenti pareva invaso da un forte calore di febbre e a momenti diventava freddo come il marmo. L’ho sentito mormorare nel sonno e dire cose che non sono riuscito a capire. Da un’ora sta dormendo serenamente e la sua temperatura è migliorata. Puoi essere certo che non andrò a svegliarlo per annunciare la vostra venuta.

Frate Elia - Ma abbiamo necessità di parlargli con urgenza. Sappiamo che oggi arriverà qua anche il cardinale Ugolino ed è opportuno che noi parliamo con lui prima del suo arrivo.

Frate Leone -  Siamo alle solite. Siamo alle solite. Lo volete massacrare con le vostre beghe, non vi importa della sua salute.

Frate Elia -  Ma che dici Leone, come parli! Sai quanto bene voglio a Francesco. Ma stanno succedendo cose gravi. Come faccio a non riferirgli quello che sta succedendo. In alcuni conventi francescani  sono state prese posizioni contro la Seconda Regola bollata. Ci sono frati che hanno detto che stravolge la Prima Regola e che intendono attenersi alla Prima Regola. Alcuni dicono che la Seconda Regola non è il frutto di Francesco ma del cardinale Ugolino e che trattasi di regola imposta dalle gerarchie della Chiesa.

Frate Leone - Alcuni dicono, alcuni dicono! E’ così o è come tu li fai dire?

Frate Elia - Come puoi dire questo di me?  Io so bene che Francesco ha approvato.

Frate Leone -  E allora? Falli convinti tu. Oppure si tratta che tu non eri tanto in giudizio di approvare. Hai le stesse perplessità come quei fratelli? Quando parli con loro  metti nella loro testa i tuoi stessi dubbi.

Frate Elia -  Si è vero. Da quel maggio cominciò un lavoro di più di un anno al quale ho contribuito anch’io;   ma non posso dimenticare le impuntature del cardinale Ugolino e la pazienza di Francesco.

Frate Leone -  E alla fine, non furono salvati i nostri proponimenti?

Frate Elia -  Sì, sì, non lo nego. Ma la seconda Regola è come una specie di codice, in certi passi mi pare che manca l’anima iniziale, è tutta protesa a bloccare, tutta protesa a garantire le gerarchie ecclesiastiche.

Frate Leone -  Ma tu stesso hai detto alla fine: va bene. E Francesco l’ha approvata. Il cardinale Ugolino l’ha approvata. E quello che più conta, Papa Onofrio il 29 novembre dell’anno domini 1223 l’ha approvata con la sua bolla papale. Non ci può essere nessun vescovo che possa attaccare i frati minori. Non ci sarà mai una cacciata da Lione per i francescani. E’ una garanzia per noi tutti se ci comportiamo secondo questa Regola. Ti pare niente tutto questo, ti pare niente? Noi obbediremo secondo questa Regola. Tu sai bene che la strada che ci ha indicato Francesco è stata sempre quella dell’obbedienza. Una obbedienza senza rinnegare i nostri principi. Sai bene che Francesco ci ha detto che era una strada necessaria per puntualizzare i comportamenti nell’Ordine e per porre dei limiti anche alle stesse gerarchie; è una regola che può garantirci.

Frate Elia -  Ma le regole, purtroppo Leone mio,  vengono interpretate di malo modo dagli uomini; dai nostri frati e dalle gerarchie stesse.

Frate Leone -  E cosa vuoi che faccia Francesco? Che faccia il giro di tutti i conventi e parli ad uno ad uno con ogni frate minore? Per quanti sono, ormai non basterebbero cento anni per fare questo percorso.

Frate Gerardo -  (accoratamente) Può fare però un intervento scritto,  una chiarificazione su alcuni punti. Una precisazione.

Frate Leone - Ancora precisazioni. Ancora parole. Non vi basta l’esempio di Francesco.

Frate Elia -  Tu la fai facile, Leone. Stai qua vicino a Francesco. Ti parla, ti fai forte della sua presenza. Ma è diverso quando si è lontani, quando ci sono tante menti da accudire, tante questioni che vengono sollevate.

Frate Leone - Se operassero, invece di parlare, ci sarebbero sicuramente meno problemi.

Frate Elia .-  Va bene (quasi sbuffando). Allora, non lo vuoi svegliare?

Frate Leone - No

Frate Elia -  E arriverà fra poco il cardinale Ugolino?

Frate Leone -

Frate Elia -  (con aria sarcastica) Lo sveglierai quando arriverà il cardinale Ugolino?

Frate Leone - No. Resterete qua voi e il cardinale Ugolino a parlarvi, in attesa che Francesco si svegli e che abbia la salute e la forza di ascoltare le vostre chiacchiere.

Frate Elia -  Non ho voglia di chiacchierare con il cardinale Ugolino.

Frate Leone - Ah, bene! Ma se vuoi vedere Francesco, in qualche modo oggi,  dovrai sopportare almeno la vista del cardinale Ugolino.

Frate Elia -  Oggi non è opportuno, preferisco che facciamo ritorno nel pomeriggio, voglio incontrare Francesco senza la presenza del nostro cardinale. Anzi, frate Gerardo, andiamo via subito. E tu, Leone, dì a Francesco che siamo passati e che abbiamo necessità e urgenza di parlargli.

Frate Leone - Glielo dirò certamente


Escono e Leone resta da solo in scena



Scena  seconda

Entra Francesco con aria stanca e inferma e va subito a sedersi a una sedia vicino al tavolo: raccoglie la sua testa tra le sue braccia come a tentare di continuare un riposo interrotto.
Leone si avvicina e gli tocca la fronte.

Frate Leone - Grazie al cielo sei freddo. Ma forse toppo freddo.

Francesco - Un freddo necessario. Perché  stava bruciando tutto.

Frate Leone - Cosa vuoi dire?

Francesco -  Ho fatto un sogno pauroso.

Frate Leone -  E’ meglio dimenticare i sogni paurosi.

Francesco - Sì, ma ci sono alcuni sogni che è meglio tenere a mente perché sembrano degli avvisi che ci giungono da qualche parte.

Frate Leone - E te lo ricordi tutto?

Francesco - Sì, ce l’ho davanti gli occhi. Le sue fiamme sembrano ancora ardere.

Frate Leone - Fiamme che ardono? Vuoi raccontarmelo, Francesco?

Francesco -  La mia paura si trasferirà su di te, caro Leone.

Frate Leone -  Potrebbe anche diminuire nel trasferirsi.

Francesco -  Penso che sia bene raccontartelo, perché pare riguardarci tutti noi frati minori.  (Breve pausa).
 C’era una grande piazza e mi pareva in Firenze. La piazza era gremita di folla e al centro di questa folla stava uno dei nostri frati, vestiva come noi. Esile, piccolo e scortato da quattro armigeri. Qualcuno dalla folla gridò: “Deh, non voler morire”, e lui rispondeva,  “Io voglio morire per Cristo”. E di nuovo dalla folla: “Oh tu non muori per Cristo” e lui “Per la verità”. E poi ancora: “Oh tu non credi in Dio” e lui “Io credo in Dio, nella Vergine Maria e nella santa Chiesa”. Ed uno dalla folla con voce accorata: “Frate Michele, priega Iddio per noi” e lui “Andate e siate benedetti”.
E poi gli armigeri lo condussero per diverse vie, sempre in calca di folla,  fino a una nuova grande piazza che portava alle porte di una grande chiesa e al centro di quella piazza c’era un palo alto di legno che sovrastava altra legna a mucchi.  E nuova folla si accalcava attorno e nuove voci  si rivolgevano al frate che camminava con un’aria spaurita e insieme forte: “Pentiti di codesto errore, non voler morire”, e lui rispondeva, “non muoio di eresia, io muoio per la vera fede cristiana”. E quando, scortato dagli armigeri, giunse al centro della piazza, dove era posto il palo di legno, egli alzò gli occhi al cielo dicendo: “Francesco, padre mio, priega Cristo per me” e si rivolse a Frati che erano tra la folla dicendo: “la regola di frate Francesco, la quale voi avete giurato, è stata abbandonata e voi condannate me perché la voglio osservare”. E quei frati si restringevano nelle spalle e alcuni si ponevano la cappa al viso. E dalla folla ancora incitamenti al piccolo frate a pentirsi per sfuggire alla condanna. E lui minuto e fiero nella sua fede rispondeva con domande: “Fuggì Cristo? Fuggirono i martiri? Come posso io fuggire a questa condanna?”.
 Gli armigeri lo legarono a quel palo di legno e poi posero accanto ai suoi piedi diverse fascine;  e poi, mentre la folla urlava più forte, appiccarono il fuoco alle fascine. Quando le fiamme cominciarono a lambire le sue vesti, la folla finì di urlare e si cominciò a sentire la dolorante voce del piccolo frate che moriva cantando un Te Deum.
 Questo è stato il mio sogno e questa la mia febbre. Da qui i miei freddi sudori che volevano come gelare quel fuoco.

Frate Leone - Frati che condannano al rogo altri fratelli. No, no, non può accadere nel nostro Ordine.

Francesco -  Ma, se i nostri frati continueranno a litigare su ogni cosa, se non saranno vigili con i loro cuori,  potrà accadere. Il nostro è un secolo buio e nella notte ci si può perdere... Se i nostri frati abbandoneranno la scelta di povertà,  non avranno nemici,  ma tutto sarà perduto... Se i nostri frati manterranno la scelta di povertà senza praticare l’obbedienza ed ergendosi nell’orgoglio di una scelta giusta,  i nemici avranno buon gioco per accusarli... Se ci saranno frati che sceglieranno una strada e frati che ne sceglieranno un’altra  si ritroveranno ad essere nemici nella stessa casa. Sarà facile venir fuori l’accusa di eresia, e chi da accusato si crederà nel giusto, anche per la sua buona fede, potrà esporsi a tremende condanne.  Il nostro secolo violento macinerà anche degli innocenti. Allora il sogno di questa notte può essere anche una premonizione di ciò che può accadere. E’ questa la mia grande paura: frati che condannano di eresia altri frati in mio nome e martiri che si appellano a me mentre vengono condotti sul rogo. Come se quei contrasti appena iniziati potessero continuare ad espandersi fino a prendere fuoco. Se questo è il frutto della mia predicazione, delle mie regole, delle mie esortazioni, dei miei ammonimenti; se sarà così, mi chiedo se fosse stato utile l’inizio del nostro cammino.
 Comincio a perdere fiducia nelle parole. Le regole fissate con la parole non riescono ad esprimere lo Spirito e sembrano perdersi nel vento. Fissarle è come un’illusione, una nostra debole pretesa. Forse io ho abusato della parola?  Ho peccato per aver troppo parlato.  Forse dovevo limitarmi a fare, a dare un esempio, tacendo, restando muto.

Frate Leone - E come potevamo noi seguirti senza la parola?

Francesco -  Cristo non scrisse nulla, ci diede solo il suo esempio.

Frate Leone - Sì, ma parlò ai suoi discepoli e alcuni suoi discepoli ci hanno trasferito con lo scritto le sue parole e grazie a quelle parole noi abbiamo ripreso il cammino.

Francesco - Hai ragione mio buon Leone, grazie alla parola del Vangelo noi abbiamo iniziato il nostro cammino. E  l’esempio e la parola non si possono disgiungere. Altrimenti la parola diventa una scatola vuota senza anima. Allora i nostri frati dovranno leggere la parola nei loro cuori.
Io posso dire ancora poche parole e posso produrre ancora solo pochi esempi e poi saranno loro che voleranno nella notte dei secoli e io sarò lontano, saremo lontani.

Frate Leone - Anche oggi sono venuti a bussare alla tua porta.

Francesco -  Chi è venuto?

Frate Leone - E’ venuto frate Elia insieme a frate Gerardo.

Francesco - E tu non mi hai svegliato.

Frate Leone - Dormivi serenamente, dopo un’intera notte di tribolazione. Ho fatto male a non svegliarti?

Francesco - Dovevi svegliarmi. Ma come posso dire che hai fatto male se lo hai fatto a fin di bene?

Frate Leone - Elia è come al solito preoccupato per l’applicazione della Seconda Regola. Dice che in alcuni conventi è stata considerata diversa dalla prima e che non viene accettata. Vogliono una tua precisazione.

Francesco – Ancora! Cosa dovevo fare, rifiutare i saggi consigli del cardinale Ugolino?  Quando fin dall’inizio mi chiedeste: perché l’obbedienza? Io vi dissi che non c’era altra strada. Potevo io indicarvi un’altra strada e portarvi fuori dalla Chiesa?

Frate Leone -  Ma ci sono alcuni di noi che hanno inteso l’obbedienza come opportunità.

Francesco - E come posso io evitare ciò? Come posso essere presente in ogni luogo? Io dovrei scomparire, morire forse e al più presto.

Frate Leone - Cosa intendi dire?

Francesco - Non mi fraintendere Leone. Io fra qualche tempo morirò, anche tu, tutti. E’ l’unica certezza. Potranno poi bussare alla porta per chiedere a Francesco come se Francesco avesse tutte le risposte? Anche io oggi ho bisogno di chiedere. Ma a chi posso chiedere? (un breve silenzio) Debbo partire, da qualche parte dovrò trovarlo.

Frate Leone - Di chi parli? Dove vuoi andare?

Francesco - Andrò alla Verna: Forse in quel luogo così appartato potrò incontrarlo. Fammi preparare un mulo con un qualche necessario per il viaggio.      

Frate Leone -  Alla Verna c’è un freddo boia e tu questa notte devi avere avuto la febbre. Non ti farò partire.

Francesco - Non mi farai partire? Sai bene che partirei lo stesso.

Frate Leone - Non mi piace questa tua decisione. In ogni caso se intendi partire io ti accompagnerò.

Francesco -  Mio buon Leone, ecco che sei passato ad un buon proponimento. E allora due muli e si parte ora stesso per la Verna.

Frate Leone - Ma deve arrivare stamane il cardinale Ugolino.

Francesco -  Bene, lasceremo detto che siamo partiti.

Frate Leone - Ma non ti pare un gesto di scortesia?

Francesco -  No. Il cardinale Ugolino verrà a chiedere a Francesco come hanno fatto frate Elia e frate Gerardo. Chiedere cose a cui io non so rispondere. Cose che io stesso debbo domandare. Capirà bene perché io sono partito. Capirà bene perché io sono andato alla Verna. Capirà bene che anch’io debbo chiedere consiglio e che le mie parole non bastano.

Sipario


                                                         


ATTO TERZO

SCENA prima

La cella di Chiara nel monastero in San Damiano.
Chiara sta in ginocchio dinanzi al Crocefisso, nell’aria si sente un canto lontano, entra una giovane suora, suor Maria.


Suor Maria - Sorella Chiara, vengo dal capanno fuori le mura del monastero.

Chiara - (si alza): Gli hai detto che può entrare e che insieme a frate Leone può prendere alloggio nella casa del giardiniere? Ci sono dei letti là ed è ben distante dal corpo del convento. Non deve avere alcun timore di infrangere la regola e non sarà di alcun disturbo.  Come può essere per noi di disturbo la sua santità? Per noi che abbiamo trovato la strada grazie alla sua luce.


Suor Maria - L’ho detto, l’ho detto. Ma frate Leone mi ha detto che frate Francesco intende aspettare il permesso del cardinale Ugolino e che non intende infrangere la regola da lui stesso fissata. Due frati  sono corsi a Perugia e lui intende aspettare che facciano ritorno con il permesso del cardinale Ugolino.

Chiara -  Ma possono passare giorni. Come farà con la sua salute malferma a restare in quel capanno freddo a dormire sulla paglia?

Suor Maria -  Insieme a un’altra sorella ho sistemato due materassi, delle coperte ed ho fatto portare della legna da ardere, ma in quel capanno ci sono tanti spifferi.

Chiara -  Dio ti renda merito per la tua previdenza. Ma  dimmi, l’hai visto, come sta?

Suor Maria - Parla con un filo di voce, le sue mani sono fasciate e se si alzano sembrano tremare, i suoi occhi vedono debolmente.  Per una attimo, quando sono entrata…

Chiara - Per un attimo..?

Suor Maria -  Ha detto… Chiara…non dovevi venire, dobbiamo aspettare il permesso. E c’era….


Chiara - C’era…?

Suor Maria – C’era…  tanta commozione nella sua voce.

Chiara porta debolmente le sue mani sul suo volto e torna a inginocchiarsi.

Chiara -  (in preghiera) Proteggi Signore il tuo Francesco

Suor Maria -  Quando gli ho detto che io ero suor Maria e che gli portavo il tuo saluto, lui come riprendendosi ha detto: “scusami sorella Maria, i miei occhi vedono poco in questa debole luce di questo capanno ed ho solo percepito la bontà del tuo cuore e mi ha ricordato Chiara, scusami”. Ed io ho trattenuto a stento le mie lacrime. Era come se da quella debole figura si irraggiasse una forza d’amore che colmava e oltrepassava ogni debolezza umana.

Si sentono dei rumori fuori scena, suor Maria lascia per un attimo la scena e poi rientra.

Suor Maria - (agitatamente) E’ giunto al convento il cardinale Ugolino e chiede di parlare con sorella Chiara.

Chiara -  (alzandosi) Dio, ha ascoltato le nostre preghiere ed ha messo le ali ai suoi piedi. Fallo entrare al più presto.

Suor Maria esce nuovamente

Scena seconda

Dopo qualche istante entra il cardinale Ugolino, Chiara si inchina devotamente e anche il cardinale fa un cenno di  rispetto verso Chiara.


Chiara - E’ al capanno ed aspetta il vostro permesso secondo la nuova regola. Sarebbe rimasto la al freddo per tutti i giorni necessari di attesa. Che bella regola che avete fatto, cardinale Ugolino, ch’io non mi sono potuta muovere neanche per pietà e che Francesco allo stremo delle forze aspetta.

Ugolino -  Francesco stesso l’ha voluta per un giusto comportamento dei frati. Ma come vedete c’è sempre la provvidenza. Dio ha voluto ch’io senza saperlo, e per altri motivi,  mi mettessi in viaggio verso Assisi ed ho incontrato per strada i due frati che venivano verso Perugia. Così ho saputo di frate Francesco e sono corso qui. E vi chiedo di  ospitarlo tra queste mura e convincerlo per qualche cura che possa portate sollievo alle sue sofferenze.

Chiara – Dentro il monastero c’è un piccolo alloggio per chi cura il giardino, potrà trovare là un buon riparo dal freddo; e vedrò di far venire da Assisi un medico. (Poi con una qualche titubanza aggiunge).  Ma mi preme di chiedervi…già si è venuto a sapere che alla Verna Francesco ha incontrato…

Ugolino -  La chiesa non può certo pronunciarsi immediatamente, ma qualcosa di misterioso e  di grande è accaduto. I fratelli che gli sono stati vicino parlano di ferite sul suo corpo simili a quelle di Cristo.

Chiara – (mormorando appena)   Era necessario un tale doloroso evento per capire?

Ugolino - Cosa intendete dire?

Chiara - Noi, voi...i fratelli, da alcuni anni, abbiamo continuato a chiedere a lui caricandolo di ogni nostro problema. Come se la strada Francesco non l’avesse indicata. Se non avevamo la forza di seguirla, bastava dire che non avevamo la forza, invece di ricorrere a giustificazioni e interpretazioni.

Ugolino – State  dicendo che noi...?

Chiara – Voi  state dicendo che io sto dicendo, ma io ho solo detto quello che ho detto.

Ugolino – Siete dura, Chiara, con noi.

Chiara -  E come potrei io essere dura verso qualcosa o verso qualcuno? Io che sono solo una sentinella che sta di guardia? Da queste mura non mi sposto, non predico, guardo solo le nuvole che solcano il cielo e scorgo un qualche disegno di luce che fa il sole con esse.

Ugolino: Ma molti bussano a questa  torre di guardia.

Chiara - E voi avete posto un rimedio rendendoci recluse anche alle visite spirituali dei nostri fratelli. Ora è Francesco che viene a questa torre e voi vi chiedete cosa vuole?

Ugolino - Sì, me lo chiedo. Ma solo per l’alto ministero che io detengo.

Chiara - Ed io vi rispondo. Non vi basta pensare che può chiedere solo conforto. Il conforto che chiede un uomo al volto di una donna. Cristo avrà chiesto conforto agli occhi di sua Madre, agli occhi di Maddalena, agli occhi di una donna, perché Cristo è stato anche uomo. Non vi pare semplice ciò?

Ugolino – Voi avete  il pregio di trovare una risposta profonda ai miei timori. Ma io debbo anche rispondere agli occhi del mondo e mi chiedo: questa permanenza di Francesco tra queste mura quanto può durare?

Chiara - Fino a quando avrà trovato pace.

Ugolino - Pace?

Chiara - Sì, pace.

Sipario


Scena  terza

Alloggio di san Francesco in San Damiano.  Quadro di scena: una stanza modesta, ma che dia un senso di ampiezza,  con una finestra in fondo illuminata a giorno da dove si può scorgere un giardino a primavera. Una sedia vicino alla finestra. Un tavolo con  due  sedie verso il primo piano della scena.

Al tavolo stanno Francesco e Leone


Francesco ha appena finito di dettare delle parole a Leone che sta intento a finire di scrivere.

Francesco - Bene. Ora rileggi le due ultime strofe per vedere se filano.

Frate Leone: Sì, le rileggo.
“Beati quelli ke trovarà
ne le tue santissime voluntati
ka la morte secunda nol farà male.
Laudate et benedicete misignore
et rengratiate et serviateli cum grande humilitate.

Francesco - Sì, sì, è meglio non aggiungere altro e concludere con humilitate.

Frate Leone - Questo Cantico è meglio di una Regola. Pare contenere tutto.

Francesco -  Certo, perché vuole parlare al cuore. La poesia, in qualche modo, ti dice semplicemente: ascolta, ascolta. La parola delle Leggi, invece, ti dice: devi, devi. E poi alla fine c’è la musica che ti dice: ecco, sei arrivato.

Frate Leone: Ci sarà come una musica?

Francesco - Penso di sì. Non ti pare di sentirla a volte, come una musica, quando si è in pace con il creato e con Dio? Una musica non facilmente definibile per suoi strumenti, eppure la senti come se ti circondasse e ti entrasse dentro.

Frate Leone - E’ vero. E mi pare che nel tuo cuore sia ritornata la letizia.

Francesco - Sì, è vero. Da quando siamo partiti per la Verna qualcosa è cambiato. E ora questa mia permanenza a San Damiano mi ha pure rimesso in forze. Sì, la letizia è tornata, ma non sono certo scomparse le preoccupazioni, solo che non sono più capaci di aggredirmi.

Frate Leone -  Sta per arrivare Chiara.

Francesco -  Bene. Apri quella finestra e lascia entrare l’aria della primavera.


Scena quarta

Leone apre la finestra e poi fa entrare Chiara e Suor Maria.  Si salutano con breve cenno del capo.  Poi Frate Leone esce  e Suor Maria si siede alla sedia vicino alla finestra, distante da Chiara e Francesco che si avvicinano al tavolo in primo piano.


Chiara - Sarà la luce della primavera ma oggi ti vedo meglio in forze Francesco.

Francesco -  Sì, lo sono. Le mie mani tremano di meno e mi pare perfino di vedere un po’ meglio con gli occhi. Presto potrò andar via e riprendere il mio cammino.

Chiara - Puoi restare tra queste mura tutto il tempo che vorrai.

Francesco – Grazie, Chiara. Ma ho già fatto eccezione ad una regola che io stesso avevo posto.

Chiara - Le regole esistono anche per essere infrante, mettono alla prova il nostro coraggio. Se noi all’inizio del nostro cammino non avessimo infranto le regole delle nostre famiglie che ci circondavano e che ci legavano, quel cammino non si sarebbe mai potuto iniziare.

Francesco - Tu dici il vero e sai anche che il vero è nella obbedienza alla regola che ci siamo dati per vivere nella Chiesa.
 Sai che il vero ha un aspetto duplice e controverso e che noi dobbiamo fare appello al nostro cuore per trovare il filo che ci conduce alla verità.
 Ora che il mio soggiorno volge al termine sento il dovere di raccontare a te quello che mi è accaduto...a te che sei stata tanta parte del mio cuore... e sostegno del primo cammino.
(sosta come per prendere fiato)
 Prima di partire per la Verna ero turbato nel più profondo, e nella notte mi sono arrivati dei sogni paurosi: frati che perseguitavano altri frati, condanne al rogo per eresie.  Da qui la mia decisione di andare alla Verna. Arrivato a quel monte ho vagato per giorni nei boschi,   ho parlato agli animali e a quegli alberi che traggono con le loro radici vita alla terra e la disperdono al cielo in forma di foglie, ed ho parlato alla pietra stessa... ed essa rispose al mio cuore. E sentii fuori e dentro di me delle parole.
“Non ti affliggere né per i morti né per quelli che morti non sono. Da ciò che è inevitabile non devi trarre motivo di angoscia. Tu devi agire ma in nessun caso hai un diritto sui frutti della tua azione. Compi le tue opere perché rispondono al tuo cuore e rimani con animo sgombro dalle opere stesse. Non c’è pace per chi non ha pace nel suo cuore. Vivi ed opera per la conservazione del mondo  e compi l’opera tua ma non ti crucciare per il risultato. Se dovevi essere guida, sii guida per i tuoi, ma sappi che ognuno deve essere guida a se stesso.”
 Ci fu una luce fuori e dentro di me. Come quella luce che ci colpì all’inizio del nostro percorso e per certi tratti più forte e più accecante.
Ti ricordi quella luce che incontrammo quando iniziammo il nostro cammino? Cosa sarebbe stato di noi se non avessimo incontrato quella luce?
Forse ci saremmo amati di un amore carnale, avremmo potuto mettere al mondo quattro figlioletti e non avremmo dato vita a questa progenie di frati litiganti... Ma ci fu quella luce e ci avviammo per quella strana pazzia che ci spingeva il cuore e che ci colmava di letizia. Potevamo percorrere un’altra strada?
  Dopo passò il tempo che non era solo il nostro tempo. E verrà ancora un altro tempo,  cupo per molti tratti,  e poi ancora un altro che non riusciamo ad immaginare e alla fine verrà il tempo dell’uomo. Noi resteremo come una piccola debole fiamma, qualcuno potrà incontrarci,  se ci cercherà.
(Poi lentamente) Alla Verna quella luce divenne fuoco ed io bruciai con esso...(si  ferma come se preso da leggero tremore e poi prosegue). E nuove parole giunsero: “tu sei il mio tempio”,
“è l’uomo il mio tempio”. Come capire? come...come?



Chiara – Porti ancora dentro tale fuoco?

Francesco – (riprendendo forza) Sì, lo porto ancora dentro,  ma riesco lo stesso a stare in pace con me stesso e con tutte le creature. Mi restano ancora poche cose da fare in questa vita e in qualche modo le farò.

Chiara -  Ti ringrazio Francesco per questa tua confidenza e credo che mi sosterrà per tutti gli anni  di vita che trascorrerò  dentro queste mura.


Scena quinta

entra Frate Leone

Frate Leone: (con aria affannata) C’è qualcuno che si aggira nel giardino, nascondendosi dietro i tronchi degli alberi. Ho tirato pure qualche sasso per stanarlo, ma non ci sono riuscito. Forse è un ladruncolo o una spia.

Francesco - Ma che dici Leone. Una spia? Spia di che cosa, dei nostri cuori? Come potrebbe spiarli? E se fosse un ladro, cosa potrà mai rubare a noi poveri? Non tirare sassi verso di lui, ma chiamalo e digli che noi siamo qua disposti ad ascoltare le sue ragioni.

Leone esce, Suor Maria si avvicina a Chiara

Chiara: Chi mai può essere?

Francesco: Ci conviene aspettare che Leone riesca a convincerlo ad uscire allo scoperto senza impaurirlo facendolo scappare.

Frate Leone rientra seguito da un altro frate: Frate Gerardo.

Francesco -  Frate Gerardo, tu qua, come un piccolo ladruncolo?

Leone -  E’ entrato scavalcando il muro di cinta.

Chiaro - Ma che avete fatto? E che motivo avete per arrivare a questa impudenza?

Frate Gerardo - Perdonatemi madonna Chiara. Perdonatemi Francesco. Perdonatemi tutti. Ma come potevo fare? Alla porta, mi si diceva che dovevo attendere un permesso, un permesso addirittura del cardinale Ugolino. Potevo restare fuori dalla porta chissà per quanti giorni.

Francesco - Dovevi obbedire alla Regola.

Frate Gerardo - E non ho obbedito. E sono pronto a pagare per questa mia disubbedienza, ma dovevo ascoltare il mio cuore e venire a parlare con te, Francesco. Ancora prima che tu partissi per la Verna io venni a cercarti insieme a frate Elia, per parlarti.

Francesco - Adunque parla. (e si va a sedere stancamente)

Frate Gerardo -  Posso dinanzi a tutti o meglio...?

Francesco -  Parla pure dinanzi a tutti noi. Frate Leone già sa tutto di noi, anche Chiara è avvezza a tutte le nostre questioni, e anche questa giovane sorella, meglio sarà temprata se potrà ascoltare.

Frate Gerardo - Frate Elia corre per ogni convento di Europa e spesso sono stato a correre insieme a lui. E’ come se si stesse creando uno sfaldamento nell’Ordine. Dopo la Seconda Regola i contrasti sono come aumentati, non so se è questo il motivo ma tira un’aria di tempesta ed ogni testa di frate minore  pare correre per il suo verso. Siamo andati da Ugolino e lui ha detto che non c’è da preoccuparsi, ma lui stesso pare essere preso da altre questioni e continua ad affidare incarichi tra i più vari ai frati del nostro Ordine. Sia io che Elia temiamo che tutto vada per il peggio.

Francesco -  Cosa vuoi che io faccia?

Frate Gerardo - So che tu non puoi fare il giro di tutti i conventi; ma un tuo scritto, una tua precisazione, un tuo appello, forse ci può essere di grande aiuto.

Francesco -  Lo farò Gerardo. Farò quello che tu mi chiedi, fosse anche il mio ultimo atto. Potrei chiamarlo questo scritto “il mio testamento”, perché sento che non avrò forze per ulteriori interventi. Ma non pensare, Gerardo, che possa essere risolutivo, anche dopo queste mie ultime parole ci sarà ancora chi chiederà lumi ed autentiche interpretazioni, ci sarà ancora chi correrà ad Assisi e chi a Roma. Ci saranno ancora divisioni. Ricorda che il Vangelo ha già detto tutto quello che era necessario per la nostra strada. Comunque farò ciò che mi chiedete. (Poi rivolgendosi a Chiara). E’ venuto il tempo ch’io lasci queste mura che mi hanno ridato un po’ di forza, sorelle. Sono di nuovo chiamato e non posso sottrarmi perché forse può essere una delle ultime volte. Con Leone e Gerardo mi recherò ad Assisi, chiamerò Elia e porrò mano a questa mia ultima missione. Ma prima di partire voglio lasciarvi qualcosa.
(Poi rivolgendosi a Leone)
 Leone, prendi quei fogli che pocanzi abbiamo finito di scrivere. Donali alle nostre sorelle come segno di gratitudine per quello che stanno facendo per tutti noi. E ti prego, Chiara, fa che sorella Maria li legga a tutti noi. La sua giovane voce potrà esserci di conforto a tutti.

Frate Leone porta i fogli a Chiara e Chiara li consegna a Suor Maria che comincia a leggere

Sorella Maria - (con voce commossa inizia)

Altissimo, onnipotente bonsignore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore
et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfano,
et nullo homo ene dignu te mentovare.
Laudato sie, misignore,
cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual è iorno et allumini noi per loi.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si, misignore,
per sora luna e le stelle,
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si, misignore, per frate vento
e per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si, misignore, per sor acqua,
la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si, misignore, per frate focu,
per la quale ennallumini la nocte,
ed ello è bello et iocundo et robusto e forte.
Laudato si, misignore, per sora nostra matre terra,

lentamente mentre prosegue il canto si affievoliscono le luci di scena fino a fare buio

la quale ne sustenta et governa
et produce diversi fructi con coloriti, flori et herba.
Laudato si, misignore,
per quelli ke perdonano per lo tuo amore,
et sostengono infirmitate et tribulatione;
beati quelli kel sosterranno in pace,
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si, misignore,
 per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò  skappare;
guai acquelli ke morranno ne le peccata mortali.
Beati quelli ke trovarà
ne le tue santissime voluntati
ka la morte secunda nol farà male.
Laudate et benedicete misignore
et rengratiate et serviateli cum grande humilitate.

Sipario

Scena finale

Quadro di scena: strada che da Assisi porta S. Maria degli Angeli.
Francescani che scendono si incontrano con francescani che salgono.


Frate A - (uno dei francescani che salgono)  Dove state andando fratelli così di corsa

Frate B - A Santa Maria degli Angeli, dicono che Francesco ha voluto essere portato là e che è in fin di vita. E che è andato a cantare la sua laude all’Altissimo.

Frate A - E’ vero è così ma troppo tardi avete preso il cammino. Francesco ha chiesto che gli venisse letto il vangelo di Giovanni, ove parla della lavanda dei piedi di Cristo ai discepoli, poi ha  cantato e abbracciato la terra fino alla metà della notte e si è spento in laude all’Altissimo.

Frate C - E’ morto?

Frate A - E’ andato alla casa del Padre in piena luce.

(viva commozione tra i frati che scendono)

Frate C - E voi dove andate, perché non siete rimasti con lui?

Frate D - Ci sono tanti altri fratelli che pregano attorno a lui, noi dobbiamo correre ad Assisi. Stiamo andando ad avvisare tutti gli altri fratelli.

Frate C -  E non bastava solo uno di voi per questa ambascia?  E invece siete più delle dita di una mano. Voi ci nascondete qualcosa.

Frate A - E cosa potremmo  nascondere ai nostri fratelli?

Frate B -  Il vostro fare e la tua voce incerta c’è lo fa pensare.

Frate D - (rivolgendosi a Frate A) Diglielo, diglielo, cosa aspetti a dirglielo,  il silenzio non farà altro che buttare astio e sospetto tra di noi.

Frate A - Nell’episcopio di Assisi è rimasto incustodito il suo Testamento, l’ultima cosa che ci ha lasciata scritta, le sue ultime volontà, un appello a tutti noi, chiunque ci può mettere mano, distruggerlo, alterarlo, dobbiamo proteggere questo importantissimo documento. Ne va del nostro Ordine.

Frate B - Quello che tu dici potrebbe essere già accaduto. Abbiamo visto qualcuno che prima di voi faceva la stessa strada. Ecco perché tante ombre questa notte. Aspettate.  Ora noi scenderemo alla Porziuncola per andare a rendere omaggio al nostro Francesco, ma  due di noi saliranno insieme a voi e badate a camminare fianco a fianco, e ciò che troverete lo dovete custodire insieme. Niente scherzi, niente scherzi.  Dove sono frate Elia e frate Leone?

Frate C - Dove sono?

Frate A - Sono rimasti insieme ad altri fratelli accanto a Francesco, piangono straziati dal dolore. Qualcuno piangendo ha detto:  è finito tutto…è finito tutto. Ma Francesco,  prima di morire  ha detto:…

Frate C - Cosa ha detto?

Frate A - Ha detto:... qualcosa si salverà.



                                                                         fine



Nota  dell’autore


  Chi vede o legge un dramma va lasciato libero da guide di lettura in modo che possano agire con la loro forza  le situazioni e le parole. Ma trattandosi di personaggi storici può essere necessario dirimere qualche dubbio su date, eventi, personaggi, frasi più o meno documentate.

  Nel 2008, leggendo il libro  “Nel nome di San Francesco” di Grado Giovanni Merlo (editrici francescane 2003),  che fornisce un quadro storico approfondito delle vicende di San Francesco e dell’Ordine francescano, ho potuto rendermi conto del  drammatico travaglio di  Francesco d’Assisi  negli anni che vanno dal 1221 fino alla sua morte nel 1226.   Quel periodo della sua vita presentava un nucleo drammatico complesso: salvare l’iniziale scelta di povertà e di vita secondo il Vangelo,  mantenendo una indiscussa  obbedienza  alle gerarchie della Chiesa cattolica, con un Ordine di frati in continua espansione e in un’Europa  dove si diffondevano accuse di eresia. 
  Nel 1221 Francesco d’Assisi aveva appena  finito di scrivere la Prima Regola che raccoglieva tutte le sue esortazioni ai fratelli e già dal 1222 si poneva nuovamente  il problema  di riscrivere la regola come un corpo giuridico,   in modo che potesse essere accettata in forma ufficiale dal Papa (Seconda Regola approvata con Bolla papale da Onorio III nel novembre 1223).
 Il  primo atto del dramma  è ambientato a Roma nel maggio del 1222, data di un importante capitolo dell’Ordine, ed ho immaginato che Francesco  avesse partecipato, in qualche modo,  al dibattito.                          
 I personaggi che si delineano nel primo atto sono Frate Elia,  che già dalla morte di Pietro Cattani (marzo 1221)  era stato posto a capo dell’Ordine dallo stesso Francesco,   e il cardinale Ugolino che ricopriva la veste di tutore dell’Ordine per la gerarchia della Chiesa.
 Elia, per le descrizioni dell’epoca,  doveva in qualche modo essere rude e sanguigno, ed insieme sensibile alle riflessioni teologiche;  Ugolino doveva essere autorevole, convincente e capace di dialogo con  Francesco d’Assisi  (la Storia lo destinerà a diventare Papa dopo la morte di San Francesco e porrà l’Ordine francescano sotto continua osservazione pontificia, fino ad arrivare a scomunicare Frate Elia dopo la sua destituzione dall’Ordine) .
 In scena, tra i diversi frati convenuti nel capitolo di Roma,  parlano solo due fratres sapientes:  Aimone da Faversham  e  Gerardo da Modena; trattasi di finzione scenica  priva di documentazione.  Ho scelto questi due personaggi perché: il colto frate Aimone,  dopo la morte di Francesco,  sarà quello che andrà a sostituire Elia a capo dell’Ordine; il frate Gerardo da Modena,  nelle  descrizioni storiche  viene ricordato per la sua amicizia con il Santo,  e mi tornava utile per un momento successivo del dramma.
 L’altro personaggio che ho posto in questo lavoro teatrale accanto a Francesco d’Assisi è Frate Leone; frate della prima generazione minorita  che,  nella documentazione storica,   troviamo vicino a Francesco negli ultimi anni della sua vita in tutti i momenti più drammatici. Francesco può in qualche modo aver confidato a Frate Leone tutte le sue preoccupazioni e anche un suo sogno premonitore.  Per tale sogno ho fatto riferimento alla drammatica narrazione dell’Anonimo medievale della morte di frate Michele da Calci.
  L’atto terzo è stato il più difficile da trattare: San Francesco,   di ritorno dalla Verna, dove secondo l’agiografia dell’epoca ha ricevuto le stigmate,  trascorre circa due mesi a San Damiano  nelle  vicinanze  di Santa Chiara.
  In quali momenti si sono incontrati e cosa potevano dirsi Francesco e Chiara dopo eventi così drammatici?
  C’era da evitare di cadere in un melenso romantico  o in un vuoto formalismo.
 Ho dovuto chiedere aiuto a un personaggio di fantasia, Suor Maria, come un necessario supporto a  Chiara.  Mi sono venute in aiuto le descrizioni storiche che tratteggiano la forte personalità di Santa Chiara, la sua stessa presa di posizione nei confronti di Gregorio IX (già cardinale Ugolino) sulle visite pastorali dei frati al convento delle clarisse.  Mi è venuto in aiuto uno scambio di riflessioni con mia moglie Maria Luisa sul ruolo del femminile come equilibrio nel creato.
La scena finale, costruita da una mia arbitraria fantasia come un finale rondò,  è voluta essere solo  il tentativo di sintetizzare nello spazio temporale di pochi minuti i futuri malesseri  che in qualche modo avrebbero pervaso  l’Ordine  negli anni successivi  alla morte di San Francesco.
  Delineare la figura di San Francesco era  il compito più arduo,  le vicende e le testimonianze ce lo tramandano come un personaggio travagliato e nel contempo forte,  ispirato e appassionato poeta  e nel contempo attento alla riflessione teologica,  conciliante, bonario,  capace di sorridere,  ma anche determinato e capace di arrabbiarsi. 
 Nella costruzione di alcuni dialoghi ho usato, qualche volta, frasi di scritti di Francesco d’Assisi (per l’osservazione di eventuali lettori li ho inseriti in corsivo sottolineato). Infine,  ho voluto lasciare la recitazione  del  Cantico delle creature nella sua interezza come messaggio centrale.   

f. z. 


3 commenti:

  1. Tra un uomo come Francesco e il vaticano penso che ci siano anni luce di differenza,e di Francesco ce ne sono anche adesso con le medesime differenze,fortunatamente.

    Da Freedom tra orrori e impunità varie della casta

    Fortunatamente sempre più gente sta aprendo gli occhi,a volte le profonde crisi economiche possono servire.

    Saluti

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  2. Ma complimenti, Francesco! Sei davvero un "genio" eclettico.

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  3. Sorprendente Francesco, salvo la pagina per gustarla con calma.
    Buon onomastico.

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