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STORIA DI UN NIÑO

Qui di seguito il testo integrale del dramma in due atti

STORIA DI UN NIÑO


di Francesco Zaffuto © Copyright ottobre 2008 (opera edita a cura dello stesso autore nel numero limitato di 199 copie - con deposito Biblioteca Nazionale di Firenze 8591/08/ACC 07/11/08)
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notaCi sono ancora i desaparecidos. Ci sono ancora i figli di quelle vittime prima torturate e poi uccise, che sono rimasti ignari di un terribile passato. Ci sono ancora madri di Plaza de Mayo, diventate nonne, che sperano di ritrovare il figlio del figlio. Oggi, 2010, i figli di genitori desaparecidos potrebbero avere dai 28 ai 34 anni. Ci saranno alcuni che non conosceranno mai di essere figli di quei genitori scomparsi; quelli che lo hanno saputo portano dentro il segno di una tragedia iniziata con la loro nascita.
Ho costruito la vicenda di questo dramma sulla base di un "possibile storico" che io conosco solo per le notizie riportate dall'informazione storica, ma che potrebbe essere anche accaduto; è un contributo al ricordo di una pagina di Storia che non va dimenticata, l'Argentina negli anni della dittatura militare tra il 1976 e il 1983. Se vogliamo costruire un mondo migliore non possiamo dimenticare quella pagina di un così vicino passato.


STORIA DI UN NIÑO

Dramma in due atti

Personaggi


Achille – l’amico del niño (un giovane di circa trenta anni)

Padre Gutierrez - (un uomo sopra i sessanta anni)

Alonso C. – il capitano (un uomo sopra i sessanta anni)

Cristina – la fidanzata del niño (una giovane donna con i capelli neri e corti)

Giorgio – el niño (un giovane di circa trenta anni)

Un Generale - (un uomo sopra i sessanta anni)

ATTO I

Quadro di scena: una stanza di passaggio dove sostano commensali che festeggiano nel salone fuori scena. Nella stanza sono disposti un tavolo e delle sedie, da un lato della stanza una porta socchiusa da dove si possono udire i rumori della festa, in un lato della sala un orologio a pendolo.

Voce fuori campo

Madre di Dio
questa volta non sai
a quale croce è inchiodato tuo figlio
Il tuo dolore scardini la terra

Scena 1°


Achille sta seduto vicino al tavolo e accende una sigaretta. Entra padre Gutierrez e si avvicina verso di lui.

Padre Gutierrez: Sei venuto qui, appartato per saziare il tuo vizio?

Achille: Sì, voglio gustare questa sigaretta profondamente, sentendomi scivolare dentro il fumo, assorbirlo lentamente e poi tirarlo fuori nell’aria, confuso di una parte di me.
Ecco… vedete come si spande. Prima era solo fumo ora è intriso di una parte di me e se voi accidentalmente ne respirate un po’ non potete fare a meno di avvelenarvi.
Voi crederete di essere avvelenato per il fumo e invece no. E’ quella parte di me che vi avvelena.

Padre Gutierrez: Pensi di essere così cattivo?

Achille: (sorride appena con aria disgustata). Sì. Almeno aspiro ad esserlo. Voglio provarci con tutte le mie forze.

Padre Gutierrez: Non lo sei mai stato. Ti conosco da tanti anni, ti sei buttato sempre dalla parte del giusto, ti sei smanicato per aiutare gli altri. Ricordo bene il tuo impegno in parrocchia; anche se da diversi mesi non ti fai più vedere.

Achille: Sono cambiato. Ho deciso di essere cattivo e voi sarete il mio tramite.

Padre Gutierrez: (con tono vagamente canzonatorio) Oh bella! Ed è per questo che hai detto che volevi parlarmi, per un progetto di tale sorta? Bene, sono pronto ad ascoltarti.

Achille: Bene, arriverò al punto velocemente. Padre Giutierrez (indicandolo) voi siete un curatore di anime, le preparate per l’aldilà. Nell’aldilà queste anime debbono arrivare monde di ogni peccato, pulite, leggere. Per questo vostro compito io vi ho scelto come tramite. E’ il vostro mestiere.

Padre Gutierrez: Non capisco cosa vuoi dire e dove vuoi arrivare.

Achille: Nonostante io sia cattivo vi darò l’opportunità di mondare un’anima.

Padre Gutierrez: Questo mi consola.

Achille: Non avrete niente da consolarvi perché il compito sarà ingrato e grave.

Padre Gutierrez: Mi vuoi tenere sulle spine?

Scena 2°


Il dialogo è interrotto bruscamente dall’entrata di Cristina e Giorgio che, pensando che la sala sia vuota, cominciano ad amoreggiare in un angolo.

Padre Gutierrez tossisce per fare capire che non sono soli.
I due si staccano e si avvicinano verso Padre Gutierrez.


Giorgio: Oh, padre Gutierrez, ci siete voi? Anche Achille. Dovevo intuirlo, c’era del fumo. Andiamo via (dice prendendo Cristina per la mano e tirandola verso l’uscita). Andiamo in giardino Cris, lasciamoli nel loro dibattito elevato.

Cristina: Aspetta, aspetta. Achille, non ti avevo visto, sono felice che tu sia qua. Mi avevano detto che stavi male e che non saresti potuto venire.

Achille: Sono guarito.

Cristina: Allora posso abbracciarti. Permettete padre Gutierrez che abbraccio il nostro amico Achille. Non era una malattia infettiva spero? ( lo abbraccia sorridendo)


Achille: Non so se era una malattia infettiva, mia cara Cris. Non sono andato dal dottore, era solo un gran mal di testa che ora sto tentando di trasferire su padre Gutierrez.

Cristina: Allora buona sorte padre Gutierrez. ( sorride di nuovo e prende la mano a Giorgio e questa volta è lei a tirarlo verso l’uscita.)


Achille: Giorgio.

Giorgio: Dimmi.

Achille: Dovrò parlarti.

Giorgio: Vuoi trasferire il tuo mal di testa anche su di me?

Achille: (con un tono grave) Mi occorrerà di parlarti Giorgio. Ma… se io dovessi morire prima e se ti faranno una descrizione errata di me. Sappi che ti sono stato sempre amico.

Giorgio: (come preoccupato più per il tono che per le parole) Ma che dici? Non stai scherzando?

Achille: (come riprendendosi) No, no, vai. Scusami, vai. Avremo tempo…dopo, dopo.

Cristina: Ma se eri guarito?

Achille: (forzatamente riprende un tono scherzoso) Non preoccupatevi, vi dirà tutto padre Gutierrez. Vi dirà tutto lui.

Padre Gutierrez: Andate, vi prego. Achille è in vena di scherzare.

Cristina tira per la mano Giorgio un po’ faticosamente che pare indeciso sull’andar via. Escono. Dal salone si sentono i rumori dei festeggiamenti.



Scena 3°

Achille e padre Gutierrez


Achille: Li avete visti come svolazzano i due colombi. Che tenerezza, che gioia padre Gutierrez, potete essere soddisfatto della loro felicità. Voi che siete un pastore di anime.

Padre Gutierrez: Che vuoi dire? Siete stati tutti come figli per me. Vi ho visti crescere te e Giorgio. Cosa c’è un attacco di invidia perché lui oggi festeggia la sua laurea mentre tu ti sei ritirato dagli studi? Oppure siete innamorati della stessa donna?

Achille:(nervosamente, ma deciso) Non vi azzardate a dire una cosa di questo genere su di me. Questo genere di sentimento che voi chiamate invidia è lontano da me mille miglia. Io ho amato Giorgio e gli sono stato amico. Penso ancora di esserlo anche in questo momento. Cris è la sua donna e io non l’ho mai sfiorata e non lo farei mai… (poi lentamente) Il fatto è che su questi due colombi aleggia una nuvola nera.

Padre Gutierrez: E allora vuoi proprio divertirti a tenermi sulle spine.

Achille: Sono sulle spine, anzi sulla brace ardente, da due mesi. Ora è giusto che ora lo siate anche voi.

Padre Gutierrez: Va bene, ma per…

Achille: (con immediatezza e durezza) Non via azzardate a bestemmiare neanche col pensiero perché Dio in questo momento ci guarda.

Padre Gutierrez: Ci guarda sempre.

Achille:(lentamente) In diversi momenti può essere anche distratto, ma in questo momento ci guarda.

Padre Gutierrez: Giuro che non mi farai saltare i nervi. Ti ascolto. Pazientemente ti ascolto.

Achille: Bene. Aprite bene le orecchie. (poi quasi scandendo ogni parola). Dovete farvi portavoce presso il Capitano Alonso di una mia precisa richiesta. Consegnarmi un pacco con 600 mila dollari, in pezzi da cento. Potete dirgli che chi li chiede conosce i suoi misfatti ed è questo il prezzo del silenzio.

Padre Gutierrez: Un ricatto?

Achille: Chiamatelo come volete, non importa. Si potrebbe anche chiamare un atto di giustizia o anche: il giusto prezzo da pagare per chi porta nascosta nel cuore la verità lacerante di un delitto.

Padre Gutierrez: Atto di giustizia, ricatto, verità lacerante? Da dove ti arrivano tali idee e farneticazioni?

Achille: Voi lo sapete benissimo padre Gutierrez non è necessario chiedermelo.

Padre Gutierrez: E cosa dovrei sapere io?

Achille: Non fatemi queste domande. Io non ho il compito di pigliarmi le colpe degli altri. Voi lo fate per mestiere, a me è solo capitato per accidenti di conoscere un segreto. Ma a me questa verità brucia e mi fa impazzire. Voi invece ci avete fatto il callo a simili segreti. Anzi pensate che attraverso il vostro callo addirittura Dio stesso possa intervenire per perdonare.

Padre Gutierrez: Cosa dici, rasenti la bestemmia. Come puoi chiamare callo un sacramento?

Achille: Certo, certo. Anzi molto giusto, voi non potete, voi siete legato al segreto confessionale. Ma non occorre nessuna vostra rivelazione o indiscrezione, perché vi guiderò io.

Padre Gutierrez: Parla, parla, e abbandona questa aria di supponenza che hai. Ritorna ad essere il mite Achille che io conosco.

Achille: Parlerò...ma un momento. (si sentono rumori provenienti dalla sala) Sentite, in questo momento si sta disponendo a parlare il Capitano.
Vale la pena di fare un intervallo e di ascoltare. (si avvicina verso l’uscio che porta verso il salone) Potete intercettare la sua voce.

Padre Gutierrez: Io dovrei essere di là.

Achille: Voi è meglio che rimanete di qua. Perché è di qua che si consuma la tragedia, di là si recita solo la farsa dei buoni sentimenti. Buoni sentimenti imbevuti di spumante.
Ecco, io da questo spiraglio posso ascoltare le parole del Capitano e posso riferirvele.
Ecco…gli applausi e i gridolini delle persone, alticce per lo spumante italiano, che potete sentire da solo.
(si sentono gli strilli e gli applausi e poi cessati una voce che parla ma di cui non si distinguono le parole – Achille prosegue)
Ecco…sta parlando…dice di quanto è onorato per il traguardo di laurea raggiunto dal figlio, dal niño. E’ commosso. Ricorda qualche aneddoto di famiglia, commuove i presenti già brilli. Sta anche cercando voi, non si capacità di come mai non gli siete vicino in questo momento.

Padre Gutierrez: Lasciami andare di là.

Achille: (Con tono forte e risoluto rivolgendosi a padre Gutierrez). Non vi azzardate a lasciarmi padre Gutierrez, voi sapete perché. Sono io che conosco come continuerà la festa.
(Riprende a guardare dallo spiraglio e prosegue in tono amaramente canzonatorio).
Ecco…ora è proprio commosso e abbraccia il niño.
Anche il niño è commosso…purtroppo.
(Prosegue con un tono grave) . Povero agnello di Dio, povero mio amico, destinato ad odiare me che ti ho amato e che ho desiderato la tua felicità. Ora parla il niño…non sa cosa dire, si limita a fare un annuncio… e … annuncia il suo fidanzamento con Cristina. Il resto degli strilli e degli applausi li potete sentire da solo. (Achille abbandona lo spiraglio della porta e si va lentamente a sedere).


Padre Gutierrez: Allora?

Achille: Allora possiamo proseguire.


Scena 4°


Vengono interrotti dall’entrata rumorosa in stanza del Capitano Alonso e di un generale (Alonso in abito di gala e il generale in divisa).


Alonso: Padre Gutierrez, voi qua? Vi cercavo come un disperato. Volevo fare il discorso vicino a voi. Perdonatemi ma ho dovuto farlo lo stesso, prima che tutti fossero definitivamente colmi di spumante e non in grado di ascoltare.

Padre Gutierrez: Perdonatemi voi Capitano, ma questo giovane stava male e sono dovuto restare con lui, sono mortificato per la mia assenza nel momento più importante della festa.

Alonso: Ma che dite, perdonare? Voi fate sempre bene padre Gutierrez. Ecco, voglio presentarvi il generale Gomez, una colonna del nostro paese. Generale: questo è padre Gutierrez. Colui che guida le nostre anime. Noi siamo forti, ma senza la sua guida saremmo persi.
(Il generale fa un breve inchino, ricambiato da padre Gutierrez)


Generale: Sono onorato. Il Capitano mi ha parlato tanto di voi e di come gli siete stato vicino.

Padre Gutierrez: Grazie (si limita a mormorare, subito interrotto dal Capitano ).


Alonso: Ora noi lasciamo padre Gutierrez alla cura di questo giovane. Venite Generale, vi mostrerò il giardino. E’ una meraviglia. Vi farò vedere come sono cresciuti gli arbusti di pistacchio, sono diventati dei piccoli alberi.
(il capitano e il generale lasciano la scena)



Scena 5°
Achille: Guida le nostre anime… senza di lui saremmo persi.

Padre Gutierrez: (esacerbato dalle parole di Achille) Allora?

Achille: Nessuna fretta. Avete guidato bene la sua anima otto mesi fa quando stava per morire di infarto e vi ha chiamato al suo capezzale. In quel momento ha visto aprirsi le porte dell’inferno ed ha cercato la vostra mano, che lo tirasse fuori. E voi la mano gliela avete data perdonandolo ancora una volta per il suo segreto.

Padre Gutierrez: Non ti permetto di parlare così del sacramento della confessione. Cosa fai, stai tentando di circuirmi per ordire un ricatto? Tu sai cosa significa confessore. Tu che sei stato un giovane attivo nella chiesa.

Achille: Lo so bene. E cosa volete che io sappia dei segreti che raccogliete in un confessionale? Come potrei saperli? E cosa volete che me ne importi di saperli?
Il fatto è che questo segreto è piombato accidentalmente addosso a me e non perché me lo ha confessato il suo autore, ma perché me lo ha raccontato una vittima. Mi ha fornito le prove, mi ha chiesto giustizia. Ora questo segreto dilania anche me. Ha distrutto la mia tranquillità di uomo. Ha messo in crisi la mia amicizia con Giorgio. Mi fa sentire vile nel non rivelarlo. Mi impedisce di pensare a un futuro tenendolo nascosto.

Padre Gutierrez: (agitatamente) Quale segreto? Di cosa parli? Quali prove?

Achille: Perché vi agitate ora con tali domande? Cosa fate, vi trasformate da prete in poliziotto? Volete indagare sulle vittime dopo che avete perdonato il carnefice? Oppure vi sentite parzialmente complice? Niente da fare padre Gutierrez: sono 600 mila dollari, è questo il prezzo. Ad un essere come il Capitano Alonso succhiargli il denaro lo farà imbestialire, è come succhiargli il sangue. Vedrà la fine del suo segreto, dei suoi risparmi, della sua pace. Vedrà i suoi affetti precipitare nella merda.

Padre Gutierrez: Per un ricatto di tale entità, ci deve essere un motivo, qualcosa di preciso, non si può certo giocare a fingere di sapere. Magari ti stai inventando tutto?

Achille: Quello che avete detto è ripugnante, ma ha una sua logica. Le prove saranno presentate al carnefice. Ma voi…capisco… non volete essere messaggero di un ricatto senza la forza della prova del ricatto.
Allora ditegli che quando abbandonò quella donna nella fossa, dopo avergli sparato due colpi alla nuca, non rovistò a fondo nelle sue tasche. C’era una piccola tasca interna nella giacca di quella disperata. Vi basta questo? Al carnefice basterà, gli farà ruotare la testa, comincerà a ricordare le sue mostruosità.

Padre Gutierrez: E’ pur sempre un uomo.

Achille: No, non lo è mai stato.

Scena 6°


Rumori dalla sala, entra Giorgio con un vassoio e dei calici di spumante.


Giorgio: Ero sicuro, siete ancora qua! Vi ho portato da bere. Ma cosa avete tanto da confabulare voi due? Me lo racconterete, sì che me lo racconterete?
State parlando di Kant o di Sant’Agostino? Vi siete tolti dalla mischia di noi poveri mortali che stiamo tutti annegando nello spumante. (Porge un ad Achille un calice e prosegue…) Achille, devi brindare con me, mio grande amico. Mi sono legato mani e piedi. Lo capisci…? Ho annunciato ufficialmente il mio fidanzamento con Cristina.
E tutti quanti a gridare:” lo sappiamo già, lo sappiamo già, diteci quando vi sposate”. Ci hanno spiazzato. Cosa dovevo dire? Cosa potevo dire? Ho detto:” presto”. E quelli: “quando? quando?” Ed io ho detto: “prima che finisca l’anno”. “Un’altra festa!?” Ha detto mio padre: “mi vuoi portare in rovina”. E giù grida, applausi. Insomma, legato mani e piedi. Cristina la fanno girare tutti quanti a ballare come una trottola, e io sono venuto qua ad annunciarlo ai miei amici. (Porge un’altro calice a padre Gutierrez).

Padre Gutierrez: (solleva il calice) Possa Iddio assisterti come ha fatto fino ad oggi?

(Anche Achille solleva il calice insieme a loro e bevono in silenzio)


Giorgio: E no! Siete proprio dei musoni voi due questa sera. E’ meglio che io vada di là e vi lascio alle vostre discussioni trascendentali. (finisce di bere dal suo calice e li lascia).

Scena 7°


Appena uscito Giorgio, Padre Gutierrez si avvicina ad Achille

Padre Gutierrez: (accoratamente) Tu distruggeresti la vita anche di quest’uomo, di quest’uomo che ti è stato amico, di questo innocente?

Achille: Havete ben capito di cosa si tratta e senza che io vi fornissi ancora ulteriori prove.
Ma voi di me padre Gutierrez, non vi preoccupate di me. Eppure questa vicenda ha distrutto anche me. Come posso io che gli sono amico conservare dentro di me un segreto che lo riguarda. Un segreto così grande e terribile, la cui conoscenza potrebbe sconvolgergli l’esistenza.
Chi sono io per poter dire che è bene che lui non sappia? Io non sono obbligato come voi a mantenere un segreto per vincolo religioso. Io, che sono suo amico, debbo rispettare un patto di lealtà verso lui.
Dovrei portarmi il fardello dentro di me per lasciarlo navigare dentro un’ottusa felicità, salvandolo dalla verità perché la verità è carica di violenza?
Io debbo avere cura del niño come ha avuto cura del niño quel suo padre che sta nel giardino con il generale? Debbo averne cura come ne avete avuto cura voi, il parroco premuroso e affettuoso?
Ma io non sono il tutore del niño. Io sono un suo amico, giovane quanto lui, con i suoi stessi desideri, con la sua stessa voglia di conoscenza e di giustizia.
E se il niño verrà poi a sapere che il suo amico sapeva? Perché lo verrà a sapere.
Come potrà perdonare il mio silenzio? Troverà disdicevole che anche io l’abbia trattato come un bambino, un fagottino che si può trasportare, abbandonare, raccogliere quando ti aggrada.
Potrà dire: perché non hai lasciato decidere a me? Perché ti sei arrogato il diritto di decidere al di sopra di me? Perché mi hai lasciato in una ottusa felicità?

Padre Gutierrez: Ma perché il ricatto? Questa richiesta di denaro non ti renderà odioso agli stessi occhi del tuo amico.

Achille: Quando questa terribile verità emergerà, scardinerà tutto. Affetti, passato, presente, tutto. Io stesso sarò visto da Giorgio con un altro volto. Sarò visto nero, anche senza esserlo. E allora è giusto che io lo sia a tutti gli effetti.
Questo ricatto rende un minimo di giustizia. Voglio che il tuo Capitano Alonso soffra, soffra in vita. Voglio che non dorma più la notte, che senta il fiato della persecuzione addosso.
Si sentirà come prima cosa succhiare i suoi beni, quei beni a cui è tanto affezionato, quei beni su cui ha poggiato i suoi stessi affetti. Vedrà lo spettro della giustizia e lo spettro della vendetta.
Vedrà in modo ancora più cupo l’aspetto della morte. Non come un rapporto privato con un Dio capace di perdonare, ma in rapporto a uomini che non perdonano, che esigono il pagamento di un prezzo.
Avrà paura, quella stessa paura che usava incutere alle sue vittime. Non solo la paura di un ipotetico inferno, ma anche la paura di un inferno presente, da cui si vuole fuggire.

Padre Gutierrez: Quell’uomo si è pentito ed è tanto cambiato. Ha cercato di cambiare in amore i suoi delitti, si è dedicato a crescere quel fanciullo, lo ha fatto diventare un uomo forte e grande. Lo ha aiutato a farsi una strada e una posizione. La tua verità può solo distruggere tutto questo.

Achille: Bene! Allora il ricatto verrà a consolidare proprio quello che voi dite. Pagherà un prezzo…chiederà perdono a voi padre Gutierrez, vi consegnerà tremante i seicentomila dollari, magari chiedendovi di fare da intermediario con il ricattatore.
Credete possibile questo definitivo miracolo?
Quell’uomo di cui parlate sta di là, brinda ai suoi successi di padre, è soddisfatto per gli alberi che crescono nel suo giardino e li mostra al suo amico generale. E’ sicuro, è pieno di sé, non esita come non esitò quando si tratto di uccidere.

Padre Gutierrez: Potrebbe averlo fatto perché obbediva a degli ordini. Perché credeva in qualcosa che gli ha stravolto l’anima? A volte gli uomini si lasciano trascinare dagli eventi…dalla storia; ma poi si pentono per quello che hanno fatto.

Achille: Ma in quel particolare momento della storia sono state delle belve. Alla loro obbedienza hanno aggiunto un sovrappiù di violenza. Non glielo stava chiedendo la storia quel sovrappiù di violenza. E in conclusione hanno cercato di trarre un profitto per loro. Ora hanno paura del giudizio della storia, ma hanno soprattutto paura che venga rivelato il celato volto di belva. Perché non si consegna al giudizio della storia e fa ammenda per le sue colpe?

Padre Gutierrez: Se lo facesse distruggerebbe la sua famiglia. Lo stesso Giorgio verrebbe distrutto dal peso della storia. Non ti sembra un motivo valido?

Achille: Allora è meglio per lui che tutto rimanga celato. Ma la tortura del suo delitto si è accidentalmente trasferita su di me, e il silenzio aumenta ora la mia tortura.

Padre Gutierrez: Ma chi ti ha raccontato queste cose tremende? Potrebbe averti detto le cose in maniera diversa da come sono in realtà andate? Chi è stato? Qualcuna di quelle donne che continuano a gridare nelle piazze? Nel loro dolore possono anche confondere la verità.

Achille (con voce alterata inveendo, smette di dare di dare del voi al religioso ): Tu vuoi che riveli la fonte? Cosa faresti dopo? L’andresti a raccontare al tuo Capitano? Così qualcuno potrebbe sparire? Vuoi renderti complice di un nuovo delitto per occultare vecchi delitti?

Padre Gutierrez: Dio me ne guardi…

Achille: Hai detto bene: Dio te ne guardi.

Padre Gutierrez: Ma perché il ricatto? Perché la richiesta di denaro? Perché anche tu macchiarti di un delitto?

Achille: Il mio delitto tu lo giudichi di pari misura a quello del carnefice che brinda nell’altra stanza? Il mio ricatto è pari a due omicidi?
Questi sono solo quelli di mia conoscenza, ed è probabile che ne abbia fatti tanti altri. E’ questa la tua proporzione?

Padre Gutierrez: Perché dei soldi? Che ci farai con quei soldi? Se lo venisse a sapere Giorgio, come ci resterà? Non avrà neanche più un amico.

Achille: Cosa ci farò con quei soldi, sono cazzi miei. Li spenderò a puttane oppure li regalerò ai poveri. Oppure, ancora meglio, visto che sono povero io stesso, li terrò per me come prezzo del mio silenzio. Così potrò guardare il mio amico Giorgio a testa alta. Gli avrò nascosto un segreto non per una stupida motivazione compassionevole, ma per un utile tangibile. Un utile morale.

Padre Gutierrez: Un utile morale?

Achille: Sì, avete inteso bene. Se quell’uomo che si forgia del titolo di Capitano accetta di cominciare a pagare per i suoi delitti, comincia veramente ad essere sulla strada della redenzione, mostra in qualche modo che sta cambiando.
Se poi, addirittura, vuole pagare fino in fondo: può denunciarmi come ricattatore e accettare il giudizio generale della società. Si apre di fronte a lui un’ampia gamma di possibilità: compresa quella di ritornare ad essere una belva.

Padre Gutierrez: Io non voglio essere partecipe di un ricatto e neanche di questo tuo delirio. Quello che io ho fatto l’ho fatto per compassione. Quando lui venne in parrocchia trenta anni fa e mi portò quel niño, mi disse : “Tienilo, per bontà divina tienilo”. Cosa dovevo fare? Fu poi la mia serva che disse: “Perché non lo diamo alla moglie del Capitano Alonso, non ha figli, li desidera tanto, potrebbero adottarlo, sarebbe la fortuna di questo povero niño”. Fu così. Cosa avrei dovuto fare? Denunciare il fatto in quel clima? Mi parve la soluzione migliore. Cosa dovevo …fare?

Achille: Potevi tenerlo tu?

Padre Gutierrez: Ma come potevo. Il figlio di un prete. Assurdo.

Achille: Allora meglio darlo allo stesso carnefice?

Padre Gutierrez: Ma come potevo saperlo?

Achille: Potevi sospettarlo?

Padre Gutierrez: Ma non cambiava nulla lo stesso.

Achille: Non cambiava … nulla. E invece poteva cambiare tutto, se i timori che portavi dentro li facevi emergere. Ma dimmi la nuova madre, la moglie del capitano Alonso, sapeva?

Padre Gutierrez: No, te lo giuro, no. (si avvia come a supplicare Achille e poi si siede affranto). Te lo giuro, Dio mi è a testimone.
Quella donna venne più volte a chiedere a me sulla provenienza di quel niño. Io gli dissi che lo avevano abbandonato dinanzi la porta della chiesa. Non gli dissi che lo aveva portato il capitano. Come potevo sapere di quello che aveva fatto il capitano?

Achille: Avete mentito a quella donna.

Padre Gutierrez: Sì, pensai di farlo a fin di bene.

Achille: A fin di bene?

Padre Gutierrez: Sì, a fin di bene. Pensai che quella donna avrebbe cresciuto amorevolmente quel niño. E così è stato. Solo….

Achille: Solo?

Padre Gutierrez: E perché dovrei dirlo a chi ha in mente un ricatto?

Achille: Bene, non dirmelo. Per il mio ricatto ho prove che bastano ed avanzano. Tieniti pure le tue scuse piagnucolose.

Padre Gutierrez: E invece te lo dirò. Solo per dimostrarti la coscienza di quella donna. Alcuni mesi prima di morire, perché sapeva della sua sorte di ammalata di cancro, venne a trovarmi. Era preoccupata per le notizie che erano state divulgate dalla stampa a proposito di bambini sottratti a donne che erano scomparse tanti anni fa, durante quel periodo buio che ha attraversato il nostro paese. Era lacerata mi disse: “ma mio figlio può essere uno di quelli?”

Achille: E tu?

Padre Gutierrez: Le dissi che non potevamo mai saperlo e che in ogni caso lei aveva fatto un’opera di bene.

Achille: Gli hai confermato tutto nuovamente: la bugia iniziale e la bontà del suo coniuge. Hai salvato l’assassino con cui lei aveva diviso il letto per tutta la sua vita.

Padre Gutierrez: E cosa avrei potuto mai fare. Distruggere gli ultimi giorni di vita di quella donna? Distruggere i suoi affetti, per quale scopo?

Achille: E ancora una volta ti sei reso complice del carnefice. Ancora una volta una bugia, come le bugie che stai raccontando a me in questo momento.

Padre Gutierrez: In questo momento? Perché dovrei mentirti in questo momento?

Achille: Perché c’è un modo perverso di mentire: raccontando solo parzialmente la verità. Dicendone solo una parte, quella meno scomoda. Non parlo di quello che mi hai detto su quella donna. Cosa che non ti avevo chiesto e che mi hai raccontato e che in qualche modo la salva dal miscuglio dei misfatti.
Quando parlo di parziale verità, mi riferisco a quella sera di trenta anni fa. E’ su quello che mi hai mentito per salvare la tua di coscienza ai miei occhi. Per potere continuare a fare tu il prete e io restare nella figura del ricattatore.

Padre Gutierrez: Come fai a dire una simile cosa?

Achille: Perché è semplice. Se il capitano avesse voluto sbarazzarsi del niño affidandolo a un prete, bastava che lo lasciasse fuori della porta della chiesa e suonasse il campanello. Ma il capitano non voleva sbarazzarsi del niño, l’aveva sottratto alla madre naturale per portarlo alla sua donna. Per questo non si limitò ad abbandonarlo, venne da te, ti chiese di tenerlo, giusto il tempo di convincere sua moglie a fare una adozione. Poi tu mandasti la tua serva dalla moglie del capitano Alonso, per riferirgli di un bambino abbandonato. Come vedi, alla luce di questo dettaglio la verità assume un altro tono e tu assumi la veste di complice del delitto.

Padre Gutierrez: Sei una mente diabolica per pensare ciò.

Achille: (con un triste sorriso) Ora il diabolico sono io!?

Padre Gutierrez: Non mi renderò partecipe del tuo ricatto.

Achille: E invece tu parteciperai anche questa volta. Parlerai con il capitano e gli dirai che io so tutto. Che ho le prove di tutto. Che prepari entro tre giorni 600 mila dollari, in biglietti da cento, che li inserisca in un pacco. Il pacco lo consegnerà a te e tu lo consegnerai a me. Io in quel momento ti consegnerò le prove che lo inchiodano, poi io andrò via e manterrò il silenzio.
Lo farai…lo farai. E se non lo farai quelle prove saranno consegnate a chi di dovere e il tutto sarà raccontato alla stampa.

Padre Gutierrez: Di quali prove stai parlando?

Achille: Ecco, che ancora cerchi quello che ti preme di sapere. Ti avevo detto che quando abbandonò quella donna nella fossa, dopo avergli sparato due colpi alla nuca, non cercò a fondo dentro le tasche della sua giacca.
C’era una piccola tasca interna e lì, quella donna teneva avvolti in un piccolo straccetto (Achille si avvicina a padre Gutierrez) cinque dei suoi capelli.
Cinque capelli dell’uomo che l’aveva stuprata, quello che sarebbe diventato anche il suo assassino. Un tempo quei cinque capelli potevano valere ben poco, erano solo il ricordo di una tortura subita. Ma ora il tempo con il suo progresso scientifico si rivolta contro il carnefice e la prova del suo DNA sarà inequivocabile.
Questo può bastare….padre Gutierrez?

Achille esce di scena.


Scena 8°

Padre Gutierrez resta solo, vaga per la scena e poi si accascia di nuovo su una sedia.

Entra il capitano Alonso mezzo brillo. In un primo momento non si accorge della presenza del religioso.

Alonso: Una bella festa. Si potrebbe dire, come il giusto compimento delle mie aspirazioni. Ciò che apparentemente era nato nero, confuso, ora si colora e prende luce.

(Si accorge della presenza del religioso)


Oh.. finalmente, vecchio prete. Sei proprio scomparso per tutta la festa. Cosa fai? (si avvicina a un passo dalla sedia).

Padre Gutierrez: Sono qua Alonso e debbo parlarti. Sarà difficile ma debbo parlarti.

Si chiude il sipario



ATTO II

Scena 1°

Quadro di scena: una terrazza luminosa, piante, un’amaca, delle sedie, un piccolo tavolo da giardino, sul tavolo qualche bicchiere e delle bevande. Quando si apre il sipario Cristina sta dondolandosi sull’amaca, legge un libro e sorseggia da un bicchiere.

Entra in scena Achille

Cristina si alza e va ad abbracciarlo amichevolmente.

Cristina: Eccoti finalmente, ti aspettavo da un po’, ed ero preoccupata. E’ stato il tuo tono deciso al telefono: “Purché sei da sola”. Bene, ti posso assicurare che sarò da sola per due e anche tre ore. Giorgio è andato a pesca e non tornerà prima di sera. Sarà sufficiente questo tempo?

Achille: Penso proprio di sì.

Cristina: Cosa succede? Per chiedermi di vedermi da sola deve essere successo qualcosa tra te e Giorgio. L’altra sera, alla festa mi sembravi molto agitato, tutto appartato a parlare con padre Gutierrez. Sono rimasta molto colpita. Non sei entrato nel salone neanche per un po’. Giorgio mi ha detto che ha dovuto portarvi da bere nella saletta perché se no restavate all’asciutto.
Non è da te. Non sei stato presente neanche all’annuncio del nostro prossimo matrimonio. Entro la fine dell’anno: questa è la promessa.

Achille si va a sedere, ad una delle sedie vicino al piccolo tavolo, con un’aria stanca.

Cristina: Prendi qualcosa?

Achille: Qualcosa di fresco.

Cristina: La limonata e la bevanda più fresca che c’è su questo tavolo.

Achille: Va bene.

Achille prende il bicchiere che gli porge Cristina.

Cristina: Ci vuoi del ghiaccio?

Achille: No, va bene così? ( beve come un assetato)

Cristina: (dopo un attimo di silenzio) Dimmi sono tutta orecchie.

Achille (con una certa agitazione): Cris… se tu portassi dentro di te un segreto terribile che coinvolge una persona…e sai che rivelarglielo lo farebbe soffrire…e sai che non rivelarglielo lo offenderebbe gravemente: cosa faresti?

Cristina: Mi stai facendo venire il freddo alla schiena, non tanto per quello che hai detto ma soprattutto per il tono della tua voce. Si tratta di qualcuno di noi?

Achille (beve di nuovo con un leggero tremore): Purtroppo sì.

Cristina: Calma Achille…calma.

Achille silenziosamente beve e la sua tensione pare leggermente diminuita.

Cristina: Si tratta di Giorgio?

Achille: Tu sai quanto io sia amico di Giorgio e quanto tengo alla sua amicizia.

Cristina: Sì, lo so. (con aria vagamente ironica aggiunge) Come potrò mai dimenticare quella sera di due anni fa.

Achille: Ci pensi ancora?

Cristina: Ora mi viene un po’ da ridere a ripensarci, ma per un po’ ci sono stata male. Mi ero innamorata di te e tu mi hai gelato, con la tua fedeltà al tuo amico mi hai fatto sentire come….

Achille: E non immagini come mi sono sentito io?

Cristina: Vuoi dire che tu….

Achille: Voglio dire. Non so come spiegarlo, ma mi parve in quel momento che io sarei riuscito a riprendermi dalla passione mi aveva avvolto, mentre per Giorgio sarebbe stato fatale.

Cristina: Non ti sei chiesto se in questo tuo sacrificio…sacrificavi anche me?

Achille: Me lo sono chiesto tante volte ed era questa la domanda che mi torturava. Ma dovevo pur prendere una decisione immediata; altrimenti saresti rimasta travolta tu, Giorgio, … e anche io con voi. Mi daresti oggi una colpa per quella mia rinuncia?

Cristina: Oggi? Oggi che il tempo è passato…no.
Ma dimmi quale peso ti assilla in questo momento e che traspare dai tuoi occhi?

Achille: Si tratta di un segreto capace di scorticare l’esistenza. E forse sto facendo male ed essere qui e coinvolgerti. Dovrei solo chiederti scusa e scappare velocemente.

Un silenzio pesante

Cristina: Racconta… racconta.

Achille: Noi siamo stati felici, la nostra generazione non si è curata di tante cose. Abbiamo giocato a golf, a calcio, le corse in bicicletta e le scalate, ed abbiamo passato delle magiche serate vicino al mare. A volte noi stessi ci siamo domandati della infelicità degli altri, pensavamo con i nostri discorsi di parteciparvi, ma nei fatti quella infelicità era lontana.
Quando quella infelicità si avvicina, prepotentemente, e ne cominciamo ad avvertire il peso, anche una sola goccia di sudore diventa come piombo fuso. Non so se posso andare avanti?

Cristina: Racconta.

Achille: Un pomeriggio di due mesi fa bussa alla porta della mia casa una donna. Una donna anziana. Ho pensato che chiedesse un obolo per qualche associazione, la stavo mandando via mettendo la mano al portamonete, ma lei mi disse che era venuta per parlarmi, che aveva necessità di parlarmi di una cosa personale.
Avevo voglia di mandarla via, era un giorno che avevo tante cose da fare, ma il tono tremolante della sua voce lasciava trasparire una certa sofferenza, la lasciai entrare e gli prestai ascolto. Mi disse che lei tanti anni fa aveva avuto una figlia, una figlia bellissima e volle mostrarmi la sua foto: era indubbiamente bella. Mi disse che una sera sua figlia non tornò a casa. Pensava che fosse rimasta a dormire con il suo ragazzo e un po’ arrabbiata per la sua disinvoltura la mattina presto si recò a cercarla a casa di lui. Ma anche il suo ragazzo era scomparso. Scomparsi tutte e due nel nulla.
Questo è accaduto nel nostro paese circa trenta anni fa. Giovani che avevano militato in qualche partito della sinistra scomparivano nel nulla. Dopo molto tempo si è saputo che sono stati torturati e uccisi. Si tratta di centinaia, forse migliaia.

(Achille si ferma come per prendere respiro)

Silenzio

Cristina: (prende a parlare come a volere riempire il silenzio) E’ un tempo lontano. Ora molti responsabili stanno per essere puniti. La vita in qualche modo…

Achille: Quando si parla degli altri è così, è come tu dici. Ma quando… (si ferma ancora)

Cristina: (con un debole filo di voce) Si tratta di noi?

Achille: Quella donna mi dice che il ragazzo di sua figlia è stato torturato e poi ucciso. Tre colpi alla nuca, dopo essere stato ridotto con le braccia spezzate.
Sua figlia rimase in vita ancora per alcuni mesi, la risparmiano provvisoriamente forse perché era incinta o perché non avevano ancora deciso come ucciderla. Ma non risparmiano di torturarla, di stuprarla. Viene trasportata da un campo ad un altro. Viene lasciata partorire, assistita da un medico durante il parto. Per due settimane gli fanno tenere il niño, glielo fanno allattare e poi glielo sottraggono.
La ragazza doveva essere eliminata, avevano scelto un sistema alla grande, caricarla insieme ad altri cento su un aereo e poi precipitarli tutti nell’oceano.
Ma durante la camminata dal campo in montagna, dove era tenuta, fino all’aeroporto; cade e si rompe una gamba. Pensano bene di evitare il trasporto e gli piazzano due colpi alla nuca e la scaraventano in una fossa, una fossa naturale tra le rocce.
Il racconto potrebbe essere finito, tranne per un solo dettaglio che rimane ancora in vita: il niño.

Cristina: Il niño ?

Achille: Posso dirlo?
Cristina: (grida, come a volersi liberare dal peso opprimente di quel racconto) D i l l o o.

Achille: (scandendo) Il niño è Giorgio e l’assassino è il capitano Alonso.

Silenzio

Cristina : (con tono penoso) Come fai a fidarti del racconto di quella donna? Potrebbe, sconvolta dal dolore, confondere ogni cosa?

Achille: Certo, un dolore così forte può sconvolgere la mente.
Ma quella donna continuò nel suo racconto. Mi disse che la vecchia serva di padre Gutierrez, prima di morire, l’andò a trovare e gli raccontò di come una sera di trent’anni prima si fosse presentato in canonica il capitano Alonso con un piccolo fagotto: una coperta e un niño… Quel niño rimase in canonica per alcuni giorni e ci badò la serva e poi fu preso dai due coniugi in adozione, il capitano Alonso e la moglie.

Cristina: (nervosamente) Ma, ma, il capitano mi ha sempre parlato della nascita di Giorgio, che era stato presente al parto. Giorgio è suo figlio a tutti gli effetti, partorito da sua moglie.

Achille: Per le carte sì. E in questo modo è stato registrato al comune. Ma per Dio, no.

Cristina: (quasi balbettando per l’agitazione). Ma, ma…

Achille: Esiste anche una cartella clinica, antecedente alla nascita di Giorgio, dove si certifica che la moglie del capitano non poteva avere figli.

Cristina: (che ha superato la prima agitazione). Ma come fai a dirlo?

Achille: Quella donna me l’ha mostrata.

Cristina: Ma può essere un falso.

Achille: Di quel niño ho avuto conferma dallo stesso padre Gutierrez.

Cristina: Ieri sera parlavate di ciò?

Achille: Sì.

Cristina: Padre Gutierrez andrebbe a testimoniare una simile cosa?

Achille: (in tono abbattuto e stanco) Testimoniare? Cristina…come fai a parlare così?
Un processo e un giudizio può servire certo alla società, ma non diminuirà la potenza di questo male. Io posso solo credere a quello che mi ha raccontato quella donna e a quello che mi ha raccontato padre Gutierrez. Alla coincidenza dei due racconti. A me ciò basta, non ho bisogno di un processo e di un giudizio.

Cristina: Ma se le cose che hai detto provano l’adozione di un niño, come fai a dire che provano i delitti commessi dal capitano Alonso? Ci vuole… (e rimane sospesa in silenzio)

Achille: Ci vuole una prova.

Cristina: Vuoi dire che non c’è?

Achille: Quella donna mi ha parlato di un testimone. Il sergente Santi, che era a fianco del capitano nel momento dei più truci delitti. Il testimone in carcere è stato avvelenato. (sorride amaramente) Giace anche lui in un bara.

Christina: Non c’è una prova. Quella donna ha scaricato sopra di te il suo bagaglio di dolore senza una prova. Ma perché l’ha scaricato su di te? Perché non è andata a dirlo a quello che secondo lei è suo nipote?

Achille: E’ questa stessa tua domanda che io gli ho rivolto. E lei mi disse tremando: “sono sua nonna, la madre di sua madre, ma sono anche una sconosciuta che gli porta una verità crudele. Senza prepararlo, senza assisterlo. Ci vuole qualcuno che lo conosce, che gli è stato amico”. E’ stata questa la motivazione con cui ha scaricato addosso a me questo macigno.

Cristina: E tu?

Achille: Sono due mesi che mi tormenta questa storia. Dirlo o non dirlo a Giorgio? Come dirlo? Dimenticare tutto, far finta che non fosse accaduto niente? Assumermi l’onere del silenzio per salvaguardare la vostra tranquillità?
Sono arrivato al punto di sentirmi a disagio quando vi incontravo. Mi si stringeva lo stomaco e mi tremavano le mani quando si avvicinava a me il capitano Alonso. Ho pensato di andare via da questa città evitando d’incontrarvi... Ma come spiegare la rottura di una vecchia amicizia? E quei fantasmi avrebbero cessato di perseguitarmi?

Cristina:(come sfiancata) Hai deciso alla fine di spostare questo macigno su di me?

Achille: No…no. Ho deciso di trovare una prova.

Cristina: Ma..come? Come puoi pensare di trovare una prova se… se i testimoni sono morti e…

Achille: Ma l’assassino è ancora in vita. Sarà l’assassino stesso a fornirmi la prova. E’ bastato inchiodare alle sue responsabilità padre Gutierrez e il monumento è cominciato a franare… occorre solo dare un altro colpo.

Cristina: (come impaurita) Ti sei fatto carico di ciò … e cerchi in me… Cosa cerchi in me?

Achille: (come per venirgli incontro e rassicurarla) Non cerco nulla Cristina, non cerco nulla che ti possa fare incorrere in un terribile rischio. Sono consapevole del rischio in cui mi sto cacciando io, da te cerco solo…

Cristina: …solo.

Achille: Se io dovessi morire, chiedo a te di raccontare a Giorgio questa storia. E’ solo questo che sto cercando da te.

Cristina: Hai messo in conto la tua vita?

Achille: E’ possibile.

Cristina: Ma cosa c’entri tu?

Achille: E cosa c’entrava Giorgio…un niño avvolto in una coperta, strappato alla madre, precipitato in un mondo di dolore e di menzogne? Cosa c’entriamo tutti… quando distrattamente facciamo una considerazione sull’esistenza?

Cristina: Non lo fare…non lo fare.

Achille: L’ho già fatto. Ieri ho tolto il mio tormento e l’ho scaraventato su padre Gutierez. Ho ricattato il capitano Alonso per tramite di padre Gutierrez, gli sto chiedendo di pagare il mio silenzio con 600 mila dollari. Se accetterà di pagare gli consegnerò la prova.

Cristina: Un ricatto e una prova che non c’è.

Achille: La prova sarà il suo stesso pagamento oppure la sua stessa furia. Agli occhi di Giorgio, a seconda di come vanno le cose, potrò passare come un ricattatore. E’ per questo che era necessario che tu sapessi. E’ per questo…

Cristina: Cosa farai di quel denaro?

Achille: Lo restituirò a Giorgio e poi potrò andare via da questa città, da questo paese… se mi aiuteranno le gambe per fuggire.

Cristina: (come riacquistando nervosamente forza) Hai deciso di diventare tu il giudice di questa storia. Hai deciso per tutti. Metti in gioco la tua vita e nel contempo stai decidendo della vita di tutti.

Achille: Non ho deciso io della vita degli altri e della vostra vita. Ma quale vita ci può essere all’ombra silenziosa di tali delitti? Sono stato tentato di non fare nulla ed è stata la tentazione più forte.
Sono stato tentato di raccontare le cose a Giorgio, limitandomi a scaricare il macigno su di lui. Mi sono chiesto se Giorgio potesse vivere con un dubbio così atroce. Mi sono chiesto se io dovevo convivere in silenzio con tali delitti che avevano sfiorato la mia esistenza. Quale felicità avrei potuto desiderare?
Cosa c’è, Cris, preferivi non sapere?

Cristina: (di nuovo abbattuta) So che fino a un’ora fa ero una donna che aspettava felicemente di andare in sposa. Da questo momento sono diventata incerta, ho paura per il destino del mio uomo e per il mio stesso destino. Senza avere nessuna colpa precipito in un abisso.

Achille: I genitori di Giorgio precipitarono in un abisso. Erano dei giovani come noi e la tortura li penetrò nella mente e nelle carni. E quella madre che per trenta anni ha cercato la figlia, ha poi finalmente abbracciato uno scheletro con la testa spaccata dai proiettili. L’abisso ci camminava accanto.

Cristina: Giorgio in questi trenta anni ha avuto un’altra madre che lo ha accudito ogni giorno. Era così perversa questa donna? L’abbiamo conosciuta anche noi. E se tu gliela distruggi, cosa rimarrà a quest’uomo che non ha conosciuto la vera madre?

Achille: Se tu ti dovessi far carico di questo racconto a Giorgio, puoi lasciargli vivere l’immagine e il buon ricordo di questa madre adottiva. Padre Gutierrez mi ha confermato che lei non sapeva, è stata ignara. Sapeva solo che il niño era un trovatello. Solo negli ultimi anni cominciò lei stessa a torturare la sua mente sentendo le notizie sui figli dei desaparecidos. Si recò timorosa da padre Gutierrez e il prete menzognero gli confermò la versione del niño trovatello e non gli fece menzione del ruolo del capitano Alonso.
Sì, di questa ignara madre che ha trovato nella strada della sua vita gli puoi salvare il ricordo. Ma non quello di suo padre, il capitano Alonso, che stuprò una donna incinta, che gli sottrasse il figlio, che premette il grilletto e l’abbandonò in una fossa. Di costui non si può salvare un buon ricordo.
Il suo buon ricordo lo stavo salvando io con la paura che mi ha attanagliato fino a ieri e mi impediva ogni azione. Oggi ho ancora paura ma non posso più tornare indietro.

Cristina: (si avvicina verso Achille come a supplicarlo, con nuove parole, ma nessuna parola riesce a pronunciare e si allontana da lui)

Achille: Prima che io vada, ho bisogno di una cosa da te.

Cristina: (con un filo di voce) Cosa?

Achille: Un ciocca dei tuoi capelli.

Cristina: Dei miei capelli?

Achille: Sì, pochi. Sono corti e nerissimi. Potrebbero essere scambiati con quelli dello stesso capitano Alonso, che trenta anni fa aveva i capelli neri. Li avvolgerò in questa piccola pezza sporca di vecchio sangue e li infilerò in una busta. Il capitano pagherà 600 mila dollari per questi capelli. Penserà che sono i suoi capelli, quelli che quella donna gli strappò senza che lui se ne accorgesse, mentre la stuprava. Il terrore per questa prova che non esiste già si sta impossessando di lui.

Cristina: Ma è una prova che non potrà mai servire in un tribunale.

Achille: Non importa. Servirà a Giorgio, servirà a te che potrai meglio raccontare. Una prova necessaria a noi per non essere complici con il silenzio.

Achille si avvicina a Cristina. Lei porta la sua mano destra alla nuca e strappa alcuni dei suoi capelli, che porge lentamente ad Achille, che li avvolge in un piccolo pezzo di stoffa.

Il sipario si chiude.


Scena 2°


Quadro di scena: lo stesso del primo atto.
Sta seduto vicino al tavolo, da solo, padre Gutierrez. Va verso il centro della sala e parla a se stesso.


Padre Gutierrez: Quello che accadrà travolgerà tutto e anch’io sarò travolto. Mi sento come una febbre che si alza dai miei piedi e brucia fino alla testa.
E’ questo l’epilogo, la conclusione di quella sera? Quando io non ho detto quello che dovevo dire. Quando io mi lasciai travolgere da un confuso timore.
Lui entrò nella stanza della canonica con quel suo fagottino: “Tienilo. E’ il figlio di una sgualdrina comunista, ma diventerà mio figlio, ne farò un grande uomo”.
Ed io non dissi nulla. Ed io non chiesi nulla.
Che ne era stato di sua madre? Potevo chiedere.
Cosa ne hai fatto di lei?
Dissi soltanto: “Dio ti guarda”. E lui: “Faccio qualcosa che a Dio piacerà, mi riscatterà delle mie colpe, faccio una cosa buona”.
Ed io non dissi nulla, accettai che si compisse la più terribile delle cose buone: impossessarsi della vita degli altri.

Entra Achille.

Achille: Sono qua. Perché mi avete fatto venire proprio nella tana del lupo? Avete deciso di sacrificarmi come un agnello? Hai con te il denaro prete? Perché è solo quello che dobbiamo contare.

Padre Gutierrez: E’ andato in banca per prelevare il denaro. Ma ha anche detto che non lo darà mai a me, vuole consegnartelo personalmente.

Achille: I patti erano che doveva consegnarlo a te.

Padre Gutierrez: Vuole prendere dalle tue mani le prove e ha detto che vuole parlarti.

Achille: Vuole solo uccidermi, lo sai bene.

Padre Gutierrez: Tra poco sarà qua con i 600 mila dollari e io ti imploro di andare via. Di lasciar perdere tutto. Abbandona questa storia, ti prego. Riguarda Giorgio, riguarda il capitano Alonso, riguarda me che non ho avuto il coraggio di oppormi trenta anni fa e sono stato trascinato dentro.
Cosa c’entri tu? Il tuo ricatto non ha senso, stai scoprendo solo una belva e non puoi pensare di non essere azzannato. Vai via figlio mio. Vai viaaaa.

Achille va a sedersi

Achille: Troppo tardi.

Padre Gutierrez: Sei armato, almeno?

Achille: Che domanda padre? Venire armato in questa casa per convalidare la tesi del mio essere un ricattatore.

Padre Gutierrez: Come pensi di andare via dopo che il capitano Alonso ti ha consegnato il denaro.
Achille: Non lo so. Spero nella provvidenza. Spero in un pentimento del colpevole. Spero in una forza divina che possa squarciare il cielo. Forse non spero e sono solo confuso.
Voi siete armato padre Gutierrez?

Padre Gutierrez: Io non ho necessità di essere armato perché sono stato indirettamente un suo complice. Sono stato stordito dalla sua compassionevole parte di padre, dal suo pentimento in punto di morte. Ho creduto nella sua redenzione. Poi sei arrivato tu e hai affermato che per ogni redenzione è necessario pagare un prezzo. Ed io ho tremato per la mia stessa coscienza. Ora sono qui ad aspettarlo. Ma voglio aspettarlo da solo e voglio che tu possa distare da lui mille miglia. Lascia che io sia solo ad aspettarlo.

Achille: Lo aspetteremo in due.

Padre Gutierrez va a sedersi anche lui. Un breve silenzio scandito solo dal rumore dell’orologio a pendolo.

Una situazione di attesa, buio totale in scena. Si sentono due spari. Lentamente ritorna la luce in scena. Stanno seduti padre Gutierrez allo stesso posto e il Capitano Alonso al posto di Achille.
Scena 3°

Alonso: Tutto ormai è ritornato al suo posto. Questa casa per un attimo mi era sembrata crollarmi addosso.
Quattro mesi di interrogatori ho subito. Anche i vecchi amici parevano tutti abbandonarmi. Io che avevo fatto tutto per loro. Lo stesso generale Gomez arrivò a dirmi: “se spunta una qualche prova io dovrò abbandonarti”.
Capisci!? Lui, più colpevole di me di mille delitti che diceva a me che mi abbandonava in quanto colpevole.
Ed io ho avuto paura. Paura, perché come uno stupido avevo perso quella busta, quella unica prova che quello stupido arrogante mi aveva mostrata.
L’avevo tenuta nelle mie mani, aperta, visto il contenuto di quei cinque capelli e quello straccetto che a suo dire era sporco di vecchio sangue.
L’avevo addirittura richiusa e poi quando ho sparato sono caduto in confusione, come un soldatino che spara per la prima volta. Sono corso nell’altra stanza per chiamare la polizia, poi….poi al mio ritorno rovisto nelle mie tasche e non trovo la busta, cerco come un disperato per tutta la stanza niente, intanto la stanza si riempiva di gente.
C’eri tu, c’era Giorgio, c’era Cristina, arrivarono immediatamente due poliziotti. Quel solerte e imbecille Sergente disse: che non potevo stare nella stanza perché io ero il maggiore indagato, non potevo certo continuare a cercare.
Quello che sarà accaduto in quei pochi secondi continua a torturarmi, nonostante siano passati quattro mesi.

Padre Gutierrez: Allora non è ritornato tutto a posto?

Alonso: Questo dovresti saperlo anche tu.

Padre Gutierrez: Continui a pensare che quella busta l’abbia presa io. In questi quattro mesi continui a lacerarti il cervello con questo dubbio nei miei confronti. Io, il tuo confessore, cosa dovrei farmene di quella busta?
Pensi che anch’io possa ricattarti? Pensi che io in qualsiasi momento possa diventare come Achille.

Alonso: Non sto dicendo questo. Ma se uno di quei poliziotti avesse trovato quella busta l’avrebbe allegata agli atti, anche perché non poteva capire di che cosa si potesse trattare. Non poteva conservarla per ricattarmi non comprendendone il contenuto.
Se la busta l’avesse trovata lo stesso Giorgio, in qualche modo l’avrebbe consegnata alla polizia o a me non comprendendone il contenuto. Lo stesso comportamento logico avrebbe avuto Cristina. Mi chiedo…

Padre Gutierrez: Ti chiedi da quattro mesi, per esclusione, che l’unico a conoscere gli eventi ero io e pertanto posso essere l’unico a potere utilizzare quella busta. Perché io sono l’unico che sa qualcosa di te. Sei sicuro che io sia l’unico?
Mi pento di averti dato una mano quella sera di trenta anni fa. Questo rimorso mi accompagnerà per il resto della mia vita. Ma tu non senti rimorso, sei stato tante volte di fronte alla morte, hai provato paura in quel momento e poi subito dopo, appena lei si è allontanata sei ritornato quello che eri senza alcun rimorso. Ti suggerisco un rimedio alle tue paure: fai fuori anche me, eliminami. (Padre Gutierrez si è alzato e si pone davanti ad Alonso) Spara pure un’altra volta, potrai dire che il tuo confessore ti stava rubando qualcosa? Ti stava rubando il senno.
(Esce di scena)



Scena 4°

Resta solo in scena il capitano Alonso

Alonso: Sei andato via vecchio prete? Mi lasci solo.
Sono rimasto solo io il più cattivo sulla scena. Il più orrido, l’essere senza scrupoli. Io che non tremo per i miei delitti ma per un mio gesto di bontà.
Se quel niño l’avessi ucciso, come avevo fatto con sua madre, non avrei avuto nessuna persecuzione oggi. Avrei fatto i conti solo con la mia coscienza, avrei implorato il perdono al tuo Dio e tutto sarebbe rimasto chiuso nel silenzio.
Ma quel gesto di bontà che per un attimo mi ha perversamente pervaso ha determinato una indecisione perenne della mia esistenza.
Tu stesso, prete hai detto che il bene fatto a quel niño mi avrebbe in qualche modo redento, e oggi ti diverti a tenermi sulle spine. Mi avverti che altri potrebbero sapere. Mi suggerisci di eliminarti. Eliminarti, così dovrei presentarmi nell’aldilà con un altro delitto: l’aver soppresso un ministro di Dio. Così, per un atto di bontà che abbiamo compiuto insieme tu guadagneresti una sicura santità ed io l’eterna dannazione.
E la busta? Nel frattempo la busta potrebbe saltare fuori dopo la tua morte, magari in una cassetta di sicurezza accompagnata da una lettera di spiegazioni.
No, no, non ha senso. Debbo accettare che sia tutto a posto anche se niente è a posto. Debbo restare dentro questa instabilità perenne, perseguitato dall’ombra di Achille.

Entra come un’ombra Giorgio

Alonso:(terrorizzato) Sei tu…? Come può essere…? (poi quando la figura di Giorgio si evidenzia, si libera dal terrore dicendo) Per un attimo…

Giorgio: Per un attimo?

Alonso: Niente, pensavo fosse rientrato padre Gutierrez. E’ andato via. (riprende il suo tono consueto di padre autorevole). Prima di andare via, ha detto che è meglio celebrare il vostro matrimonio l’ultimo sabato del prossimo mese. Credo che per voi vada bene. Credo che sia tutto a posto con gli annunci da fare.

Giorgio: Tutto a posto. Ma…

Alonso: Ma cosa?

Giorgio: Mi sembra affrettato questo matrimonio.

Alonso: Ma siete fidanzati da due anni. Cosa c’è? Qualcosa che non va? Un'altra donna, ti sei lasciato traviare da un’altra donna? Non va bene se si è fatta una promessa. Cristina è una brava ragazza e poi c’è sempre spazio per altre donne, ma una moglie non è facile da trovare. Una buona moglie non è facile da trovare.

Giorgio: Non è questo.

Alonso: E cos’è? E’ lei che ha trovato un altro uomo? E’ così? Bella sgualdrina che si è rivelata.

Giorgio: Basta, non è questo. Sono io che voglio rimandare.

Alonso: Ora che ho dato l’anticipo per il ricevimento. Hai idea di quanto ci perdo per questa tua indecisione?

Giorgio: Non siamo poveri.

Alonso: Non siamo poveri e possiamo buttare il denaro al vento. Hai idea di come si guadagna faticosamente il denaro? Hai idea tu, che ancora non hai cominciato a sudarlo?

Giorgio: Sì, ho idea del valore del denaro. E non capirò mai perché avevi prelevato 600 mila dollari quattro mesi fa e li tenevi sul tavolo in un pacco.

Alonso: (con voce alterata) L’ho spiegato centinaia di volte, sta in tutti gli atti del processo. Dovevo acquistare la tenuta dei Cordella, eravamo d’accordo per quella vendita che si sarebbe concretizzata a breve. Anche i Cordella l’hanno testimoniato in tribunale. (poi, quasi gridando) Cosa ti frulla nella testa?

Giorgio: I Cordella non te l’hanno più venduta la tenuta.

Alonso: Ci hanno ripensato sul prezzo e l’affare è andato a monte. Ti sembra difficile credere a questo? Ti sembra difficile credere a tuo padre. Cosa c’è, non sono tuo padre? Non ti ho tenuto per mano per tutti questi anni? Ti ho fatto mancare niente? Ti è mancato qualche volta il mio sostegno, il mio affetto, non ti ho tenuto sul palmo della mia mano come una divinità? Ho continuato a parlare di te come l’essere più importante della mia vita dopo la scomparsa di tua madre.

Giorgio va a sedersi e porta le sue mani verso gli occhi.

Alonso: Cosa c’è? Ti stropicci gli occhi come un bambino. C’è ancora quel fantasma di Achille che ci perseguita. Non ti è bastato un processo? Non ti è bastato vedermi sul banco degli accusati? Io che ho dovuto difendermi da un furto ad opera di una persona a cui davo fiducia.

Giorgio: Ha continuato a dirmi mentre moriva: “sono io la prova, sono io la prova”.

Alonso: La prova di che cosa? Che significato vuoi che abbiano quelle parole? Ha voluto salvare la sua immagine mentre moriva, non era facile ammettere che era un ladro. Ti ha confuso la mente fino all’ultimo momento della sua vita. Trova un modo per allontanare questo fantasma. Sposati Cristina o ancora meglio un’altra donna che ti faccia dimenticare quel fantasma, fai un viaggio, cercati una qualche distrazione; ti servirà a dimenticare quell’episodio, ti servirà a cancellare l’immagine di quella serpe che covavamo in casa. Occorre guardare al presente e al futuro. Dimenticare per continuare a vivere, è un dovere verso noi stessi.

Giorgio: Ma chi siamo noi?

Alonso: (quasi gridando) Tieniti per te questa domanda. Non riuscirà nessuno a portarmi fuori di testa. Nessuno. Nessunoo.

Alonso esce di scena, resta Giorgio sulla scena, il sipario si chiude lentamente.
Scena 5°


Il sipario si riapre con la terrazza della casa di Cristina, la scena è vuota di personaggi, entrano dopo pochi attimi Cristina seguita da Giorgio.

Cristina: Entra, mettiamoci al sole. Vuoi bere qualcosa.

Giorgio: Qualcosa di fresco.

Cristina: La limonata è la bevanda più fresca che c’è su questo tavolo.

Giorgio: Va bene.

Giorgio prende il bicchiere che gli porge Cristina.

Cristina: Ci vuoi del ghiaccio?

Giorgio: No, va bene così. (si appresta a bere come un assetato)

Cristina: (dopo un attimo di silenzio, ricordando della visita di Achille) E’ stato così!

Giorgio: E’ stato così, cosa?

Cristina: Niente.

Giorgio: C’è sempre un “niente”, da qualche tempo tra noi.

(scorre un breve interminabile silenzio)

Cristina: Sei venuto qui per dirmi qualcosa d’importante?

Giorgio: Volevo dirti che mi sembra giusto rinviare la data del nostro matrimonio.

Cristina: Anche a me sembra giusto.

Giorgio: Anche a te sembra giusto? Ma questo rinvio non si sa dove ci può portare; da qualche tempo i nostri sentimenti si sono come piegati.

Cristina: Può portare a lasciarci.

Giorgio: E’ questo che desideri, desideri che finisca?

Cristina: No.

Giorgio: E allora?

Cristina: Ho paura.

Giorgio: Paura di che cosa, perché?

Pausa. Cristina non risponde.

Giorgio: Non puoi dirmelo o non vuoi dirmelo? Mi tratti come un niño.

Cristina: Sì, è vero. Ma sono anche io una bambina che ha paura.

Giorgio: (si alza e con voce alterata) Si tratta di Achille. Devi dirmi qualcosa su Achille. Cosa c’è? C’era forse un patto tra voi due che io non debbo conoscere?
Qualcosa che riguardava quel gesto commesso da Achille. Qualcosa che io non capisco e che mi sta tarlando il cervello. Non capisco quella quantità di denaro in biglietti da cento sparpagliata per la stanza. Cosa stava chiedendo Achille a mio padre? E perché continuava a dirmi prima di morire, che lui era l’unica prova? C’era qualcosa tra voi due che io non conosco? Cosa voleva? Voleva impossessarsi di quel denaro per fuggire via con te? Cosa c’era? (pausa breve)
Molto tempo addietro avevo percepito che tu ti stavi innamorando di lui, poi il tuo successivo comportamento fece fuggire ogni mio dubbio e ogni sentimento di gelosia. Dopo la sua morte è iniziato una specie di gelo tra noi due che non riesco a spiegarmi.
Io mi sono sempre fidato di voi due, ma ora sono disposto a conoscere qualsiasi verità.

Cristina: (si alza e grida disperatamente) Nooo.

Pausa di silenzio, Giorgio torna a sedersi come sconfitto.

Cristina: (si allontana, esce e torna con una busta in mano e la posa lentamente sul tavolo).

Giorgio: (che osserva la busta) Cos’è?

Cristina: Questa busta contiene il motivo della morte di Achille. C’era un patto tra me ed Achille ma di natura ben diversa di quella che tu hai pensato. Se lui moriva dovevo raccontarti tutto. Ed io per quattro mesi non ci sono riuscita. Ho avuto paura ed ancora ne ho oggi. Non so cosa potrà accaderci. Tu sei disposto ad ascoltare qualcosa di tremendo?

Giorgio: Sì.

Cristina: Ed io ora ti racconterò, sarà difficile quello che verrà dopo per noi due, ma ti racconterò la storia di un niño.

Si abbassa la luce e si chiude lentamente il sipario.

Fine

note e segnalazioni pervenute
- da parte di Fabrizio e Nicola Valsecchi - autori di "Giorni di neve, giorni di sole" - romanzo biografico sui desaparecidos 
... cogliamo l’occasione per farle i più sinceri complimenti per l’intensissimo dramma in due atti “Storia di un Niño”.
Vicende come quelle che hanno toccato Giorgio, Cristina, il loro amico Achille e anche carnefici come il Generale Alonso e padre Gutierrez sono purtroppo capitate veramente nei drammatici anni della dittatura militare.
La sua scrittura asciutta e lineare rende sicuramente benissimo il clima e i fatti  dell’epoca, offrendo così al lettore, attraverso uno spaccato di vita fedelmente trasmesso, uno scorcio di realtà da non dimenticare.
Nel nome di identità, verità e giustizia, troppe volte calpestate e annichilite nelle molte “Argentina” che abbiamo purtroppo dovuto conoscere.
Cordiali saluti.
Fabrizio e Nicola Valsecchi

6 commenti:

  1. Rispecchia fedelmente la situazione dell'epoca degli eccidi e di quella successiva.
    Nella rete della giustizia è caduto chi si è voluto far cadere, per giochi politici e di potere.
    E la connivenza, quando non la collusione, della chiesa, solo parzialmente sono rappresentate dal prete.
    Credo che al di là del segreto della confessione, ci siano state da parte della chiesa vere complicità, che nei processi non sono mai state evidenziate.
    La chiesa sapeva (e a parte qualche eroico sacerdote che ha fatto la fine delle altre vittime), e ha continuato imperterrita ad accettare che gli assassini frequentassero chiese e santuari, a offrire la comunione alle bestie che la chiedevano.
    La chiesa è stata complice di una bestemmia continua verso un dio che benedicente assolveva un tanto al chilo.
    Non so perché, ma dal Cile il pensiero scivola al Caudillo spagnolo, anche lui onorato figlio di santa romana chiesa... e stranamente non assurto all'onore degli altari.

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  2. a gattonero
    Nel 1973, quando arrivarono le prime notizie in Italia eravamo annichiliti, scendevamo a manifestare con una grande tristezza nel cuore. Toccavamo con mano che, in quel periodo storico, anche una vittoria alle elezioni della sinistra si poteva concludere tragicamente. Non dobbiamo dimenticare quella pagina della Storia. Ti ringrazio per l'apprezzamento. Saluti

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  3. Non ricordavo di aver letto questa tua opera...
    e il romanzo che presento tratta dello stesso tema...
    a volte capitano queste coincidenze tra persone che condividono gli stessi ideali e le stesse idee...

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  4. l'incrocio dei percorsi attraverso il sentire e il pensare forse è la lunga strada dell'uomo, quella che porta ...alla libertà e... alle stelle

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  5. La caduta degli ideali, le connivenze, il conoscere la Storia da vicino, è angosciante per chi credeva in qualcosa.
    La tua opera, come le altre che ho già letto, mi sembrano qualcosa di grande, caro Francesco.
    Sono felice di essere capitata sul tuo blog.
    Grazie,
    Lara

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  6. Avevo già letto questa tua commedia e l'ho riletta con vero piacere, di rimando ai tuoi ultimi post molto interessanti, grazie davvero per la tuà sensibilità.
    Perchè davvero ci sono storie che vanno ricordate sempre!!

    nonnina

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