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7+2 nove parole per la sinistra


(il testo che segue può essere liberamente scaricato e fatto circolare, si tratta di idee che volentieri si vogliono avere in comune - la versione cartacea è stata pubblicata in un microlibro che può esser richiesto a € 10,00 + € 3,00 spese spedizione) scrivendo a zafra48@gmail.com )

7+2 nove parole per la sinistra

Oggi nella Sinistra si fanno prove e si cercano programmi. Forse è necessario ricominciare dalle parole, da quelle più antiche della sinistra, trovarne il significato per i nostri giorni, iniziare un dibattito su ciò che si vuole. Ci sono in alcune vecchie parole significati profondi e urgenze. Una società migliore la si può costruire se ci si intende su almeno sette parole: pane, lavoro, libertà, uguaglianza, giustizia, fratellanza, laicità. L’intesa su queste prime sette parole potrà farci scoprire il senso delle due parole che l’umanità attende da secoli: pace e felicità.
Sorge un interrogativo. Ma cosa vuol dire la parola Sinistra?
Ci laviamo con ambedue le mani ed abbiamo tutti bisogno di acqua pulita per il nostro volto che è uno e per la nostra bocca che è una. Riflettendo su questa unità potremmo rivolgerci all’uomo senza fare particolari distinzione tra sinistra e destra che sembrano dividere l’uomo in due entità opposte. Ma la nostra mente è una ed è insieme un universo, è un grande groviglio di figure e pensieri che si attorcigliano, poi si sciolgono per attorcigliarsi ancora. Navigano nella nostra mente le parole e le sembianze dei nostri genitori, dei cari amici scomparsi; navigano insieme a Cristo, Budda, Cesare, Socrate, Napoleone, e tanti che abbiamo in qualche modo conosciuto; ci viene incontro la Venere di Botticelli a consolarci e poi tragicamente ci ritroviamo in Guernica.
La Sinistra è un insieme di desideri e di Storia che si è sedimentato nella nostra mente: già a partire dalla Rivoluzione francese ci fu un tale Buonarroti che ci fece capire che la Rivoluzione borghese aveva dimenticato i più derelitti; poi arrivò Proudhon insieme ad altri, e poi Marx e Bakunin, e continuammo a perdere quasi tutte le battaglie dell’ottocento; poi arrivò il novecento, vincemmo e scontammo tutta la tragicità della vittoria, non pensavamo di potere avere Macbeth tra i nostri fantasmi.
Altre vittorie si aggiunsero, ma ben lontane dall’Europa che era stata il centro di tutte le invenzioni teoriche del socialismo.Poi nuove voci da lidi diversi e nuove dimensioni, che non si identificavano con la sinistra ma che abbiamo sentito vicine, quella di Gandhi, di Martin Luther King; e le milioni di voci dei manifestanti del mondo pacifista ed ecologista.
Nella seconda metà del novecento abbiamo assaporato tutta la tragicità dei dubbi amletici, e oggi viviamo la difficoltà del non capire la difficile lingua cinese che è riuscita a mischiare le parole comunismo e capitalismo all’ombra di una mancanza di libertà di parola.Molti di noi si sono purgati e pentiti verso il lido del “tutto sbagliato”. C’è ancora una buona fetta di resistenti, litigiosi ma resistenti, attaccati e quelle due o tre cose che ritengono giuste. Nel quotidiano dei grandi partiti della sinistra abbiamo carrieristi consapevoli e inconsapevoli, ma questo è un male che ci accomuna a tutta l’umanità politica.
Per chi ha navigato in qualche modo in quel mare di memorie, rivolgersi alla sinistra non è un venir meno alla unicità dell’uomo ma è un non volere dimenticare i nostri torti e quelle due o tre cose giuste che servono al mondo.Siamo ridotti discretamente male, eppure c’è un mondo fuori che ha bisogno di quelle due o tre cose giuste che abbiamo nel nostro bagaglio, c’è sempre un mondo di derelitti come all’epoca di Buonarroti. Per questo ci è necessario ripartire dalle parole e trarne il significato più profondo, non l’uso delle parole come slogan ma come veicolo della comprensione umana.
Nel ripartire dalle parole, capiterà di incontrare uomini che non si considerano di sinistra e che nel sentire due o tre cose giuste si possono affratellare a noi in quella fratellanza che deve essere necessariamente universale.

(nota: come autore di questi appunti sulle parole, debbo precisare che in questi casi difficilmente ci si può considerare autori, le riflessioni appuntate vengono da un lungo percorso di osservazione e di ascolti – francesco zaffuto, nuddu)
11/11/2010

Pane
Alla parola Pane si lega la storia della stessa sinistra.

Pane: come cibo essenziale per il nutrimento e come mezzi minimi per la sopravvivenza. Nel pane si possono comprendere i vestiti e una casa per ripararsi dal freddo.
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Pane come necessità di sopravvivenza per tutti.Pane come sopravvivenza per tutti significa trovare il giusto welfare all’interno del nostro paese.
Il pane deve derivare dal lavoro; ma a chi è sprovvisto di un reddito e non è in condizione di lavorare (per difficoltà fisiche o per mancanza di richiesta sul mercato del lavoro) va assicurato il minimo per la sopravvivenza. Lo Stato con la sua fiscalità, gli imprenditori e i lavoratori con la contribuzione obbligatoria, debbono costruire i fondi per questa indispensabile mutualità.
Non è possibile che in Italia, paese con una grande presenza sindacale che si ispira ad aspetti confederali, non si sia arrivati ad una indennità di disoccupazione in grado di assicurare il cosiddetto PANE per i lavoratori disoccupati. Gli uffici studi di CGIL, CISL e UIL dovevano operare giorno e notte fino a trovare una soluzione di welfare per risolvere il problema.
I politici di sinistra delle amministrazioni locali debbono farsi carico di affrontare i più estremi problemi di indigenza. Chi si costruisce una baracca deve essere rispettato ed aiutato a trovare una casa, e non scacciato con bonifiche di polizia come se fosse un insetto.
La necessità di sopravvivenza per tutti è rivolta all’uomo in quanto singolo essere e agli uomini come addizione necessaria di tutte le singole entità. Di conseguenza Pane per tutti significa INTERNAZIONALISMO, significa lotta contro la fame nel mondo, responsabilità nei confronti di tutti gli esseri umani. Essere di sinistra non può significare guardare solo al proprio Comune o Stato, significa farsi carico del destino di sopravvivenza del singolo uomo e di tutti gli uomini. Oggi, una lotta per il Pane per tutti deve portare la sinistra ad interessarsi dell’Africa come problema internazionale da affrontare con carattere di priorità. Solo in questo modo si possono mitigare i processi migratori determinati dalla miseria, dalle guerre e dalle dittature locali. Una politica internazionalista per il pane per tutti porta verso la pace.
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Pane come ordine di priorità economica.Pane come ordine di priorità economica significa interessarsi dell’ambiente: la terra, le acque dei fiumi e dei mari, dove si generano le risorse alimentari del mondo.
La terra non va impoverita con fenomeni di supersfruttamento o con estensive destinazioni ad uso non agricolo; il mare va visto come la più grande riserva alimentare autorigenerantesi; le acque dei fiumi come fonte primaria di ricchezza da conservare in tutta la loro limpidezza.
Pane come ordine di priorità economica significa interessarsi della politica alimentare nazionale e internazionale: considerare l’agricoltura come cardine economico di riferimento; sviluppare con ogni possibilità l’imprenditorialità in agricoltura; sviluppare le conoscenze nel campo delle tecnologie agricole; fondare scuole ed indirizzi di studio in campo agrario; non fare deperire i centri e i comuni agricoli e farli diventare centri propulsivi di iniziative. Invertire per quanto possibile il cosiddetto centro di attrazione delle grandi città. Salvaguardare e sviluppare la cultura delle tradizioni contadine.
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Pane liberatoLe aziende che lavorano nel campo agricolo, specie le piccolissime aziende agricole a conduzione familiare, hanno bisogno di essere liberate dal costante ricatto della grande distribuzione. Occorre una vigilanza sul capitalismo commerciale che si dedica agli ammassi di beni agricoli con prezzi estremamente bassi all’origine e prezzi estremamente alti verso il consumatore (spesso si insediano in questo processo anche organizzazioni criminose). In particolari situazioni va valutato anche un intervento pubblico nella gestione degli ammassi.
Va favorita la piccola proprietà fondiaria agricola e stimolata verso nuove iniziative produttive: possibilità di commercializzare liberamente i propri prodotti e possibilità di avviare aziende di prima trasformazione del prodotto agricolo; il tutto senza eccessive pastoie burocratiche. Vanno organizzati mercati liberi per i prodotti agricoli su base comunale e provinciale.
Nei comuni agricoli i braccianti debbono essere inseriti in liste di collocamento pubbliche comunali per evitare fenomeni di capolarato. Gli stessi lavoratori sprovvisti di cittadinanza italiana che si vogliono impiegare come braccianti debbono inserirsi in liste pubbliche presso i comuni. Non mancano mezzi informatici per rendere funzionali le liste pubbliche e se si trova un lavoro per qualche impiegato comunale in questa direzione si tratta di un investimento proficuo in agricoltura.
Libera impresa nel settore agricolo, sviluppo dell’associazionismo e della mutualità tra piccoli agricoltori, assegnazione di fondi incolti del demanio pubblico a lavoratori disoccupati che vogliono iniziare un’attività agricola, riforestazione di determinati luoghi del territorio. Intervento pubblico per le regole e per la sorveglianza contro la criminalità. Credito e finanziamento alle piccole aziende agricole, buon uso delle risorse comunitarie.

Lavoro
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Lavoro e riconoscimento di valore
Nel lavoro, almeno come oggi lo viviamo nel nostro paese, pare che siano condensati due elementi:- lavoro come strumento per procurarsi beni atti a soddisfare bisogni umani- lavoro come forma di riconoscimento di un valore sociale.Questi due elementi vengono vissuti come indivisibili e la remunerazione più o meno elevata del lavoro viene legata al cosiddetto maggiore o minore riconoscimento sociale. Il cosiddetto maggiore o minore riconoscimento remunerativo dipende da diverse variabili: mercato, fortuna, e norme che prevedono qualche garanzia o anche qualche privilegio.
Un uomo sprovvisto di beni o con pochi beni cerca un lavoro soprattutto per procurarsi i beni necessari ai suoi bisogni; ma in questa ricerca di un lavoro è pervaso anche da un’ansia di riconoscimento delle sue qualità. Anche un uomo provvisto di beni in abbondanza per l’ansia di riconoscimento è portato a cercare una qualche collocazione sociale che si manifesta con un lavoro. Questo condensato dei due elementi fa aumentare la drammaticità della ricerca di un lavoro in Italia specie per quelle persone che hanno conseguito titoli di studio elevati e non riescono a trovare neanche un lavoro manuale. La mancanza di riconoscimento sociale unita alla mancanza di mezzi per la sopravvivenza può portare a stadi di disperazione estremi.
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Lavoro mondializzato
La ricerca del massimo profitto delle imprese in un mercato globale ha portato il lavoro al massimo di concorrenza: il lavoratore trova concorrenti esterni in lavoratori super sfruttati che producono beni in paesi lontani, beni che poi vengono importati nel nostro paese; e trova concorrenti interni in lavoratori che si sono spostati verso il nostro paese in cerca di una attività lavorativa. Queste due concorrenze portano a deprimere salari e condizioni lavorative. Precarizzazione e lavoro in nero, sono diventate una condizione di normalità.
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Il lavoro e il prezzo della vitaMinatori sepolti che attendono di essere tirati fuori, operai che si calano dentro una cisterna per pulirla e rimangono dentro intrappolati dalle esalazioni, condizioni di orario e di paga che sono a livello della riduzione in schiavitù; sono tutti aspetti del mondo del lavoro oggi. Nel nostro paese mille vite perse in un anno per incidenti sul lavoro sono una cifra da brivido vista come normalità.
La Sinistra dovrebbe iniziare due battaglie: una normativa e una culturale.
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La battaglia normativa
La Sinistra deve dare impulso al movimento internazionalista per il riconoscimento dei diritti dell’uomo e del lavoratore: se ci sono schiavi anche lontani il mercato del lavoro viene sconvolto dalle condizioni di schiavitù. Le aziende italiane che preferiscono lavorare all’estero, per sfruttare al massimo i lavoratori, non possono poi chiedere vantaggi in Italia.
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Sulla piena occupazione
Nel nostro paese debbono essere affrontati come priorità le questioni relative alla disoccupazione, al precariato e al lavoro in nero.
Il lavoratore disoccupato che dichiara la propria disponibilità al lavoro dipendente, e che si inserisce in liste di collocamento di attesa, deve avere una minima retribuzione sociale; retribuzione che verrà a cessare in caso di assunzione o di rifiuto al collocamento.
La flessibilità, esigenza delle aziende, va pagata con una remunerazione superiore; di conseguenza i rapporti di lavoro precario debbono costare alle aziende di più del lavoro a tempo indeterminato. La paga in più deve servire alla costruzione di fondi per la retribuzione minima sociale nei periodi di disoccupazione.
Il lavoro nero va combattuto con norme che penalizzino i datori di lavoro, con una rete di controllo da parte degli ispettorati del lavoro e della finanza; con liste di collocamento pubbliche. Nel contempo alle aziende che danno lavoro regolare va dato qualche beneficio sul piano fiscale.
Vanno incoraggiate tutte le forme di lavoro autonomo, nell’agricoltura, nell’artigianato, nel commercio, nei servizi, nelle professioni: con una fiscalità realmente proporzionale agli effettivi guadagni, con l’eliminazione di vincoli burocratici, con l’eliminazione di privilegi corporativi, con la limitazione delle posizioni monopolistiche delle grandi aziende della distribuzione (le licenze date a grandi ipermercati hanno nei fatti distrutto quasi tutto il piccolo commercio che era in qualche modo una fonte occupazionale).
L’orario di lavoro va contenuto e diminuito a fronte di nuove assunzioni, il lavoro straordinario deve essere considerato come elemento straordinario e non deve essere favorito dalla normativa, ma anzi reso oneroso per le aziende.Ai lavoratori con titolo di studio elevati vanno affidati possibilità occupazionali dove possono in qualche modo impiegare il bagaglio culturale acquisito; in questa direzione debbono operare le aziende pubbliche e le stesse aziende private; altrimenti si scoraggia lo studio. Nel contempo deve essere avviata una attenta informazione sulle tipologie di formazione richieste dalle aziende pubbliche e private.
Gli Enti locali e lo Stato debbono farsi promotori come datori di lavoro per migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione in relazione a: bonifiche del territorio, servizi alla cittadinanza, assistenza. Vanno fatti i necessari investimenti per migliorare la scuola e la formazione professionale.
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Sulle condizioni di vita
La sicurezza per evitare incidenti sul lavoro, le misure contro la nocività, i diritti sulla malattia, il diritto di sciopero; non possono essere barattati contrattualmente con aumenti di salario. Per un salario contenuto c’è sempre la speranza di poterlo aumentare, con la perdita dei diritti si torna a gradi di sfruttamento selvaggio a cui è difficile porre rimedio, si imbarbariscono tutti i rapporti umani nei luoghi di lavoro.
Vanno trovate le condizioni per conciliare lavoro e maternità: dal part-time agevolato agli asili vicini al posto di lavoro.
I lavoratori che si avvicinano all’età pensionabile debbono essere collocati su mansioni e orari di lavoro che meglio si conciliano con la riduzione delle loro capacità fisiche.
Va affrontata la questione prima casa per i lavoratori, mutui e affitti assorbono gran parte del salario percepito. Un fondo comune per la prima casa può farci ritornare ad una mutualità in questo campo che è stata totalmente abbandonata.
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La battaglia culturaleVa posta una battaglia culturale per il riconoscimento dell’uomo in quanto uomo e non in quanto unità di produzione. L’uomo come unità di produzione deriva da una concezione capitalistica che lo stesso capitalismo industriale è riuscito a trasferire in alcuni aspetti del pensiero socialista. Il riconoscimento di valore in una società dato all’uomo non può derivare solo dalla remunerazione del lavoro. Il tempo della vita deve essere liberato gradualmente dal lavoro.
Il lavoro deve servire a trovare i mezzi necessari al soddisfacimento di bisogni; ma il continuo puntare all’espansione di bisogni fittizi crea solo una esasperata moltiplicazione di prodotti inutili e spesso dannosi per lo stesso pianeta. Va generata una cultura del benessere attraverso l’essenzialità, del regalo, della gratuità.
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Libertà
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La parola Libertà è necessaria per affrontare ogni discorso sull’uomo. Ho voluto cominciare dalle parole Pane e Lavoro perché sono state quelle che hanno caratterizzato la Sinistra, ma le stesse parole pane e lavoro sono riconducibili alla parola libertà.
Un uomo che si alza al mattino e che sa di non avere i mezzi di sopravvivenza per sé e per la propria famiglia si trova in una condizione di prostrazione tale che può accettare anche un patto di schiavitù.
Il movimento socialista pose con le parole Pane e Lavoro un problema di Libertà che la stessa Rivoluzione borghese aveva evitato di porre. Pane e Lavoro intesi come necessità per rendere libero l’uomo dal bisogno fanno parte della stessa parola Libertà.
L’idea fondante del movimento socialista di liberare l’uomo da quelle necessita estreme ed immediate che lo strozzano nel fisico e nella psiche è un’idea di Libertà. Dopo un ‘900 in cui si sono maturate esperienze di comunismo andate in fumo e dove le poche esperienze di socialismo democratico si sono arenate su un vuoto riformista ancorato al neoliberismo, la riflessione sulla parola Libertà è centrale per la Sinistra.
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Libertà di pensiero e di espressione del pensiero
Il pensiero è pane dell’uomo; se il pane che nutre è cibo per il corpo, il pensiero è cibo per la mente, e la mente è il motore primo del corpo stesso. Ogni limite alla libertà di pensiero e alla sua espressione e comunicazione rende l’uomo asfittico e la stessa società che si costruisce su tali premesse è solo apparentemente forte ma in realtà priva dei fondamenti vitali.
Non ci sono “idee giuste”, c’è il pensare che costantemente si aggroviglia e si scioglie. Le idee giuste o sbagliate che siano debbono potersi esprimere liberamente e l’esercizio di tale libertà è fondamentale per la necessaria cura che va data alla ricerca della verità.
Una Sinistra che ha alle spalle un passato di errori causati dal totalitarismo e che è capace di riflettere sul passato, sa che la libertà di pensiero e della sua espressione e comunicazione è il bene primo da difendere come il pane. Di conseguenza la libertà di stampa (anche attraverso strumenti moderni come internet); nel suo reale esercizio per ogni singolo uomo (e non solo per chi si qualifica professionalmente come giornalista); è da considerare elemento imprescindibile della Libertà; non può essere sottoposta ad alcun vincolo, censura e preventiva autorizzazione.
Pertanto in Italia, sono necessarie modifiche immediate alla legge sulla stampa e a quella sull’Ordine dei giornalisti al fine di garantire la libertà di espressione all’uomo in quanto essere umano.Gli unici vincoli possibili alla libertà di pensiero e di espressione sono legati alla tutela della libertà di espressione di altri singoli uomini:
- possibilità data ad altri uomini di smentire e precisare con lo stesso peso;
- limiti alla proprietà dei mezzi di comunicazione.
Possedere mezzi e strumenti di comunicazione per divulgare il proprio pensiero, fa parte dell’esercizio della libertà di espressione del pensiero: ogni uomo sia libero di scrivere e dire quello che vuole su un libro, su un foglio stampato, su un blog, in uno spettacolo o manifestazione o conferenza; attraverso strumenti che possono essere anche di sua proprietà e deve essere sgravato da ogni onere burocratico o fiscale che possa impedire minimamente la sua libertà .
Possedere una casa editrice o organo di stampa che pubblica il pensiero di più autori è ascrivibile alla attività di impresa; l’attività d’impresa deve essere ricondotta a leggi che impediscano posizioni di monopolio e cartelli oligopolistici; le misure antitrust diventano garanzia per la stessa libertà di espressione. Un soggetto privato non può essere proprietario di più strumenti di comunicazione nello stesso settore.
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Libertà e proprietà non sono la stessa cosaLa proprietà è l’arte del segnare le cose, con l’apposizione di segni si dice che una cosa appartiene a un essere anche quando tale essere non si trova fisicamente insieme alla cosa. Un singolo uomo nella sua espansione del proprio IO potrebbe arrivare a segnare tutte le cose del mondo.
L’esistenza stessa di altri uomini pone un necessario limite al segnare di un singolo uomo.
La rivoluzione borghese pose la difesa della proprietà e la difesa della libertà sullo stesso piano, ciò era congeniale allo sviluppo della libertà di impresa e all’affermazione della borghesia.
Il marxismo individuò nella proprietà dei mezzi di produzione l’accumulazione della ricchezza capitalistica tramite l’espropriazione del plusvalore.
Per evitare l’accumulazione capitalistica c’erano tre possibilità: generale ritorno a micro imprese artigiane e contadine condotte da un singolo (ipotesi scartata in partenza da tanti pensatori socialisti perché contrastava con qualsiasi modello di sviluppo industriale, sviluppo visto tutto sommato come un progresso dallo stesso Marx); l’associazionismo volontario di operai proprietari dell’impresa (ipotesi propugnata da Proudhon ma che si è tradotta solo in parziali esperienze di sviluppo del movimento cooperativistico); l’ipotesi di uno Stato proprietario dei mezzi di produzione che destina successivamente in beni e servizi il plusvalore accumulato (ipotesi in parte realizzata dell’esperienza del comunismo in un solo paese e che produsse un elefante burocratico che mangiò se stesso).I
l socialismo moderato europeo e il keynesianesimo si avviarono verso scelte di economia mista dove potevano convivere uno Stato impegnato in alcune scelte produttive e l’impresa capitalistica.
Dagli anni ottanta la scelta del libero mercato come tiranno indiscusso ha orientato buona parte della stessa sinistra verso la visione di un capitalismo come entità unica dello sviluppo economico.
La Sinistra oggi non può lasciarsi fagocitare dal libero mercato e dai suoi caotici capricci; le stesse sorti del pianeta potrebbero essere pregiudicate in modo irreversibile, rischiamo di affogare nell’immondizia di una produzione inutile, rischiamo di essere sballottati e distrutti da una speculazione finanziaria ben distante dalle stesse imprese che generano lavoro, le stesse piccole imprese capitalistiche vengono costantemente distrutte dall’avanzare di interessi protetti da cartelli oligopolistici.
La Sinistra non può lasciarsi uccidere dal libero mercato e nel contempo deve riconoscere un valore propulsivo alla libera impresa; è una strada difficile e per percorrerla è necessario che la politica svolga un ruolo autonomo dall’economia.
E’ necessario un sistema economico dove possano convivere: la microimpresa individuale, l’associazionismo cooperativo, uno Stato imprenditore nei settori strategici e nei settori dove è necessaria una spinta allo sviluppo, una libera imprenditoria medio/grande privata bilanciata dalla presenza di liberi organismi sindacali, un esercizio del credito che deve essere sia pubblico che privato, un ruolo di regolamentazione dei mercati finanziari svolto dallo Sato in collaborazione con altri stati a livello internazionale.
L’azienda privata non può essere considerata un impero dove l’imprenditore detta tutte le leggi; l’imprenditore potrà decidere sui suoi beni ma non sugli operai, il lavoro ha un aspetto contrattuale privato ma per la socialità che esprime ha un carattere pubblico.
Nel nostro paese si pose fine al collocamento pubblico tramite liste di attesa facendo vincere la concezione più privatistica possibile: dalle liste di collocamento pubbliche si passò alla chiamata diretta dell’imprenditore sul 50% delle assunzioni e poi si passò alla totale chiamata diretta dell’imprenditore; la fabbrica come impero personale si realizza grazie alla stessa “sinistra” nel 1996. Se si può comprendere che l’imprenditore possa avere necessità di operare una scelta sulle diverse capacità dei lavoratori, tale criterio non si può accettare come ordine generale; considerato che una normale capacità può bastare per eseguire un lavoro, almeno i 2 terzi dei lavoratori vanno assunti da liste di attesa di pubblico collocamento, solo così si possono evitare le lunghe disperate soste in condizione di disoccupazione. Una società che tutela la libertà d’impresa deve tutelare in egual modo i lavoratori che cercano un lavoro.
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Libertà come equilibrio nei rapporti umaniIl riferimento alla libertà del singolo uomo va considerato come misura per affrontare tutti i problemi di interesse sociale e privato, e per tutte le norme da progettare, approvare o respingere. Va sempre posta la domanda: “l’equilibrio che si sta realizzando è rispettoso della libertà del singolo uomo?” Solo in questo modo si possono evitare gravi errori quando si mettono in campo progetti sui problemi etici, sulla convivenza, sulla religione, sulla scuola.
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Uguaglianza
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Uguaglianza seconda parola della Rivoluzione francese e la prima ad essere abbandonata; la borghesia nell’800 preferì tornare ad allearsi con i residui della nobiltà più retriva per fronteggiare i movimenti popolari; e nel ‘900, per porre un ostacolo all’uguaglianza, ha inizialmente condiviso il pensiero fascista e nazista.
Il comunismo reale in URSS costruì all’Uguaglianza una sorta di simulacro; era diventata una entità astratta e di riferimento per ogni rito liturgico e nel contempo si svilupparono i “satrapi” più uguali degli altri che si misero a capo di sedi di partito e di istituzioni pubbliche, l’uguaglianza divenne invadenza.
La parola Uguaglianza va coniugata con la parola Libertà altrimenti non ha senso.Ogni essere umano è diverso e va rispettato e valorizzato per la sua diversità; l’Uguaglianza ci deve salvare dalla selvaggia lotta della natura, da una sorte avversa e dall’ingiustizia sociale; l’Uguaglianza deve renderci uomini all’interno dell’umanità riconoscendo la nostra unicità.
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Uguaglianza contro la cattiva sorteUguaglianza per difenderci dalla malattia, dalla inabilità, dalla vecchiaia, dagli incidenti gravi.L’assistenza sanitaria per tutti e di buona qualità è il primo cardine dell’uguaglianza. Visto che in Italia una assistenza sanitaria per tutti ce l’abbiamo, dobbiamo difenderla e migliorarne la qualità.
L’aspetto pubblico dell’assistenza va difeso, ogni interesse speculativo dei privati va posto sotto osservazione, eliminato o fortemente limitato.
L’assicurazione obbligatoria per la pensione in Italia è terreno di attacchi riformistici che tendono a spazzare via il suo carattere pubblico e a limitarla.
L’istituzione della pensione deve avere un carattere pubblico e mutualistico, chi ha di più deve in qualche modo venire in solidarietà con chi ha di meno e costruire insieme a tutti la pensione di Stato.
Un solo istituto assicurativo pubblico per raccogliere l’assicurazione obbligatoria ed anche quella volontaria è la soluzione più ragionevole sul piano organizzativo ed anche la più economica..Chi vuole costruirsi forme assicurative aggiuntive con istituti privati lo faccia liberamente ma senza aiuti e oneri da parte dello Stato. Le ultime riforme introdotte sono solo servite ad aumentare i profitti di banche ed assicurazioni private.
Assicurazione obbligatoria e pubblica per eventuali gravi incidenti, per tutelare i terzi e lo stesso artefice dell’incidente. Nei casi in cui l’assicurazione è obbligatoria per legge (vedi anche quella automobilistica) ci deve essere l’ente assicurativo pubblico che tratta il livello di assicurazione base; il costo di una assicurazione pubblica può essere ben più contenuto.
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Uguaglianza per le opportunità del futuroLa possibilità data a tutti di accedere all’istruzione fino ai più alti livelli permette l’Uguaglianza ai cittadini poveri ed è fonte di ricchezza futura per lo Stato perché eleva il bagaglio della cultura e della professionalità di tutto il popolo.
La scuola pubblica in Italia è stata una grande opportunità per tutti e va difesa e migliorata nella sua qualità. La possibilità data a tutti di accedere gratuitamente ai più alti gradi di istruzione è un principio base dell’uguaglianza.
Attualmente in Italia esiste una quasi gratuità fino alle medie superiori, la gratuità deve essere garantita anche nelle Università in ragione del merito e del reddito.
Attivazione periodica e senza rinvii dei concorsi pubblici con regole concorsuali trasparenti per l’accesso al pubblico impiego.L’attivazione di liste di collocamento pubbliche anche per la chiamata al lavoro nelle aziende private in ragione di due terzi per tutte le assunzioni.
Libero accesso alle attività di lavoro autonomo e alle professioni evitando sacche di privilegio.
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Uguaglianza come aspetto morale in tutti i gradi dell’amministrazione della cosa pubblica. Chi si occupa della cosa pubblica con cariche politiche o con cariche amministrative in enti pubblici deve avere uno stipendio dignitoso, tale da mantenere la sua autonomia, ma non può introitare redditi eccessivamente elevati. Le aziende private possono comportarsi come credono, ma l’amministrazione pubblica deve avere un riferimento.
Lo stipendio di un deputato, di un ministro, di un presidente di regione, di un giudice, di un generale, di un direttore di ente pubblico deve essere in qualche modo rapportato a quello di un operaio. La sinistra proponga che non venga mai superata per un deputato la paga di tre operai. A chi riveste la carica di deputato va garantita la possibilità di spostarsi per esercitare il suo mandato ma vanno eliminati i privilegi e contenuti i costi.
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Un sistema fiscale improntato alla UguaglianzaLa sinistra deve farsi promotrice di un risparmio nella pubblica amministrazione per diminuire l’imposizione fiscale eliminando sprechi e privilegi.
La sinistra non può farsi paladina di una diminuzione delle “tasse” a fronte di un peggioramento dell’assistenza sanitarie, delle pensioni e della scuola. Il sistema fiscale deve essere improntato all’Uguaglianza nella partecipazione alla spesa pubblica in ragione del patrimonio e del reddito.
Le imposte non servono solo per il mantenimento delle strutture dello Stato, hanno un carattere redistributivo della ricchezza sotto forma di assicurazione, servizi, assistenza.
Il sistema fiscale deve articolarsi in: Imposte sul reddito, Imposte sul patrimonio, Imposte sui consumi, Tasse in relazione a servizi specifici. Solo con una articolazione equa tra queste tipologie si può realizzare una Uguaglianza impositiva.
Le imposte debbono sempre riferirsi ai principi sanciti dalla Costituzione di proporzionalità e progressività. Va pertanto reintrodotta l’aliquota minima per l’IRPEF e il suo scaglionamento deve essere distribuito in aliquote progressive da 5% a 40%. La cosiddetta semplificazione delle aliquote ha solo danneggiato i ceti medi e i ceti meno ambienti.
L’ICI va fatta diventare unica imposta sul patrimonio immobiliare e va fatta pagare in ragione della ricchezza patrimoniale immobiliare; vanno eliminate o estremamente limitate le imposte di registro, e notarili, che fanno aumentare i prezzi reali nella compravendita degli immobili.
L’ ICI sulla prima casa può avere un regime di esonero ma solo per un livello patrimoniale che non supera il valore medio di una casa economica.Obbligo di registrazione degli affitti va sostenuto con misure adeguate in grado di scoraggiare l’evasione. L’affitto pagato per la prima casa di abitazione deve poter essere portato in detrazione del reddito con gli stessi vantaggi della prima casa di proprietà.
Va eliminata l’IRAP, che per il suo meccanismo penalizza le aziende che creano lavoro, e sostituita con una imposta sul patrimonio aziendale.
Va ridotta l’imposta sugli interessi bancari al 20% ed elevata l’ imposta su tutti i titoli di reddito (dall’attuale 12,5% al 20%).
Va eliminata l’imposta di bollo sui conto correnti bancari che pesa indiscriminatamente anche sui piccolissimi risparmiatori e su chi utilizza i servizi bancari.
Va aumentata l’aliquota IVA su tutti i beni di consumo di lusso e ridotta l’IVA su beni di consumo di necessità.
Totale defiscalizzazione di pane e pasta e imposizione dei prezzi per le qualità comuni. Vanno reintrodotti controlli e sanzioni sugli scontrini fiscali e le ricevute fiscali.
Va eliminata ogni forma di bollo per partecipazione a concorsi, assunzioni e certificazioni di titoli di studio.
L’ammontare delle tasse per lo smaltimento dei rifiuti delle famiglie deve essere comparato ai rifiuti prodotti e tale da coprire i costi di smaltimento.
L’evasione fiscale non va combattuta con astratti studi di settore e con imposizioni forfettarie che penalizzano i piccoli commercianti, artigiani, professionisti; ma con effettivi accertamenti da parte delle agenzie delle entrate diffusi e pubblicizzati. Gli accertamenti dovranno essere indirizzati al combattere il fenomeno dell’evasione fiscale insieme all’evasione contributiva.
Le sanzioni non debbono contenere la solita minaccia della galera; debbono essere gravi dal punto di vista patrimoniale, eque rispetto all’ammontare evaso e certe nell’applicazione.
I procedimenti di contenzioso tributario vanno resi rapidi nei tempi adeguando gli organici e distinguendo le procedure tra livelli minimi di evasione e livelli elevati.
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Uguaglianza oggi, significa poter godere dei beni della naturaAbbiamo tutti il diritto a respirare aria pulita e bere acqua pulita.
Non ci può essere per le aziende un diritto di inquinare a fonte del pagamento di una ammenda o di una imposta.
Tutta l’azione pubblica deve essere rivolta a prevenire il danno ambientale e solo successivamente a intervenire con immediatezza per le necessarie bonifiche del territorio.
Tutte le aziende debbono avere una attenta certificazione dei rifiuti industriali e un piano certo di smaltimento senza danni per l’ambiente.Ogni euro speso per l’ambiente, è speso bene: va in direzione dell’uguaglianza dei diritti naturali dell’uomo, aumenta le possibilità di occupazione, fa diminuire i costi per successive bonifiche spesso difficili; evita i danni irreversibili.
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Giustizia.
In un conflitto tra due cittadini lo Stato può ergersi a giudice, ma in un conflitto tra un cittadino e lo Stato chi dovrebbe essere il giudice? Se uno dei due contendenti è giudice è abbastanza ovvio che non darà torto a se stesso. La terzietà del giudice è requisito necessario per la giustizia. La divisione dei poteri dello Stato in legislazione, amministrazione e giurisdizione è una preziosa eredità del pensiero illuminista di Montesquieu, sta a garanzia dell’equilibrio sociale e in difesa della libertà del cittadino più debole; anche se questa garanzia a volte ha un deficit, per le conventicole che attraversano tutti i poteri, crea in ogni caso difficoltà al cattivo operare.
Viviamo un momento in Italia in cui il potere esecutivo ha cominciato a prevalere su quello legislativo: spesso si fa ricorso a decreti di Governo e diverse leggi complesse (omnibus) vengono approvate con ricorso al voto di fiducia. Il potere esecutivo pare volere estendere un controllo anche sulla giurisdizione attraverso la riforma delle carriere della magistratura: separando la carriera della magistratura inquirente da quella giudicante, legando la magistratura inquirente al ministero della giustizia, limitando l’obbligatorietà dell’azione penale, dando alla polizia più poteri procedurali.
La separazione della magistratura inquirente da quella giudicante se configurata come una misura di garanzia di assoluta terzietà della magistratura giudicante può essere condivisibile; ma la magistratura inquirente deve mantenere la sua autonomia dal potere politico come quella giudicante, deve rimanere l’obbligatorietà dell’azione penale, e deve restare in capo alla magistratura il ruolo inquisitorio e non va affidato agli organi di polizia. Un potere esecutivo che vuole esercitare un controllo verso la magistratura inquirente crea le premesse per scelte autoritarie.
L’elenco dei mali della Giustizia nel nostro paese è notevole, ma spesso non trattasi di mali che si possono fare risalire ai giudici, le responsabilità maggiori sono in capo all’organo legislativo che non prende le adeguate misure e spesso è dominato da gruppi politici che fanno calcoli di convenienza o di protezione di interessi.
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L’alleggerimento per la GiustiziaMolti reati, specie quelli di minore portata, dal furtarello al contrabbando o al piccolo spaccio di droghe, derivano da un tessuto dove si propaga il malessere sociale. La malavita organizzata spesso usa queste sacche di malessere per il suo primo reclutamento. L’affrontare la questione sociale di cui si è detto alle parole pane e lavoro determina un forte alleggerimento per la giustizia, perché verrebbero a cessare i reati occasionali provocati dal malessere sociale e verrebbe a diminuire anche la base di reclutamento per la malavita organizzata. Di questo alleggerimento ne verrebbe a godere tutta la società in generale.
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Sui tempi della giustizia
La giustizia deve essere giusta. E’ una affermazione lapalissiana che rasenta la stupidità ma diventa quasi necessaria per chiarire che è ancora più stupido dire che “la giustizia deve essere breve”. Se la lentezza della giustizia si traduce nei fatti in una ingiustizia per un indagato innocente, la mancanza di un giusto processo e lo scagionamento di un colpevole danneggia le vittime e la società. La giustizia non può trasformarsi in un terno a lotto dove si gioca ad aspettare ritardi e incongruenze procedurali.
Con la giustificazione della difficoltà per i tempi della giustizia nel nostro paese si sono già introdotti: rito abbreviato, patteggiamento con sconti pena, riduzioni di termini di prescrizione e di custodia; oggi si vuole procedere ancora su questa linea con il cosiddetto “processo breve”. Già il patteggiamento e gli sconti di pena hanno introdotto di fatto un processo disuguale per chi ha commesso gli stessi reati: tutti i delinquenti che si caricano subito di una colpa e non fanno perdere tempo alla giustizia ottengono sconti; quelli che testardamente vogliono dimostrare la loro innocenza rischiano di prendere un pacco di anni in più di galera.
Occorre riformare questa riforma che ha introdotto una giustizia non uguale per tutti e non introdurre ulteriori riforme in danno dell’uguaglianza di fronte alla legge. Tutti debbono avere lo stesso giusto processo.I tempi di attesa dei diversi gradi di giudizio vanno accorciati dotando la giustizia di un sufficiente organico di magistrati, cancellieri e strumenti tecnici idonei.
Se non bastano i giudici, non ci sono problemi, si aprano i concorsi; non mancano avvocati con grande capacità ed esperienza disposti a transitare verso la magistratura. Se non bastano i soldi per pagarli, non ci sono problemi, si riduca lo stipendio a tutti i politici, ai giudici cassazionisti, ai docenti ordinari universitari, ai generali e colonnelli, a presidi di scuola, e si trovano i soldi per pagare i nuovi giudici. Chi degli elencati privilegiati osa dire che la giustizia non serve? Lo dica ad alta voce.
Non se ne vengano con la solita chiacchiera dell’informatizzazione che risolve tutto, l’informatizzazione può sicuramente aiutare ma gli urgenti problemi di organico vanno affrontati, la stessa informatizzazione viene avviata da uomini competenti in organico.Una riforma che può essere necessaria è rivedere gli aspetti del terzo grado di giudizio, il cosiddetto ricorso in Cassazione. L’accentramento di tutti i processi nella sola sede di Roma porta in effetti a una strozzatura della conclusione dei procedimenti. Il ruolo della Cassazione va rivisto in termini di competenza e in termini di decentramento.
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Sulle pene detentiveLe nostre carceri scoppiano, sono sovraffollate, c’è un alto numero di suicidi tra i detenuti e perfino tra le stesse guardie carcerarie. Non mancano le rivolte nelle carceri e si fa ricorso a forme di indulto per sfoltire la popolazione carceraria facendo mancare la certezza della pena.
Va operata una riforma della giustizia penale, introducendo misure alternative alla carcerazione per i reati minori con forme di lavoro forzato risarcitorio, con periodi di sorveglianza, con limiti alla circolazione nel territorio.
La pena detentiva deve rimanere per tutti i reati gravi e per tutti i casi di pericolo sociale e di possibilità di reiterazione del reato. Considerata l’urgenza dell’adeguamento delle pene detentive è necessario che il Parlamento (e in particolare la sua commissione giustizia) stia a lavorare giorno e notte fino a trovare le soluzioni.
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Fratellanza
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“Proletari di tutto il mondo unitevi”
Il movimento socialista nasce all’insegna di una fratellanza universale che voleva abbracciare tutti i proletari del mondo; la fratellanza continua ad animare il movimento socialista, anche se attraversato da diverse correnti di pensiero, per tutta la seconda metà dell’ottocento. Ma agli inizi del novecento il socialismo europeo si accontentò di rappresentare un riformismo nazionale ben lontano dalla fratellanza universale, l’interesse delle nazioni diventò prevalente e il socialismo europeo venne travolto, la fine della seconda internazionale e la prima guerra mondiale rappresentarono la prima grande crisi dell’anima degli uomini del novecento. Dopo la prima guerra mondiale diversi tentativi di internazionalismo sono stati messi in campo ma non si sono più riannodate le fila di un discorso unitario del movimento socialista sulla fratellanza: la terza Internazionale fu solo una emanazione della politica di Stalin, la quarta internazionale fondata da Trotsky si è tradotta solo in una speranza minoritaria, e infine nel 1951 l’internazionale socialdemocratica e laburista si è ispirata ad un vago riformismo capace di digerire anche gli aspetti più deteriori del capitalismo.
Il mondo uscito dalla seconda guerra mondiale cercò di darsi un ordine a prescindere dalle scelte ideologiche per scongiurare una nuova guerra, l’ONU divenne una sede per tutte le nazioni. L’ONU, anche se debole e legato al ruolo delle superpotenze che esercitano il diritto di veto, comincia a godere di un prestigio dato dalla necessità: il mondo è diventato stretto, super armato nuclearmente, e alcuni livelli di convivenza pacifica vengono considerati un obbligo.
L’Europa, uscita dalla seconda guerra mondiale, comincia a marciare verso una istituzione aggregativa, parte dagli interessi economici e riesce a costruire una forma di mercato comune; successivamente si evolve verso qualche forma di rappresentanza politica istituzionale come il Parlamento europeo; oggi ha ancora difficoltà ad aggregare i popoli d’Europa ma detta legge sulle regole economiche e condiziona le scelte degli stati membri.All’ombra dei grandi organismi come ONU e UE sono nati accordi e istituti come: GATT (Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio), WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, la BCE (banca comune europea); istituti che dovevano dare regole al capitalismo e che si sono mostrati legati al capitalismo. Banche private sempre più potenti, multinazionali industriali e del settore energetico, società finanziarie offshore, hanno costruito una sorta di fratellanza universale degli interessi del capitalismo mondiale. Una fratellanza atipica fondata su un sangue comune: il denaro fluido e scivoloso su tutti i mercati che disdegna i controlli e che tende a controllare le leve della politica.
Il riformismo socialista di fronte alla fratellanza universale degli interessi capitalistici diventa sempre più debole e viene solo chiamato in causa per risolvere crisi economiche, fare da aggiustatore per poi fare ripartire di nuovo la stessa macchina capitalistica.
La sinistra e il movimento socialista per rifondare una fratellanza universale devono ripartire dal singolo uomo come centro dei diritti e della libertà, rimettendo in campo le questioni: pane, lavoro, uguaglianza. Oggi merci e capitali si spostano sulla base della ricerca del massimo profitto e uomini disperati si spostano per cercare pane e lavoro e vanno in paesi dove altri uomini tendono a perdere pane e lavoro.
La fratellanza oggi va definita ad un livello spirituale più alto: se la fratellanza della seconda metà dell’ottocento e del novecento faceva riferimento soprattutto all’appartenenza di classe oggi la nuova fratellanza deve fare riferimento a tutti gli uomini che vogliono essere liberi.
Fratellanza è tentare di capire cosa passa nel cuore di un uomo che attraversa il mare su un barcone, mentre fugge disperato dalla sua terra, e vede quella striscia di terra nuova dove ha riposto una speranza.
Fratellanza ha come obbiettivo oggi un uomo libero cittadino del mondo; traguardo difficile ma necessario in un mondo che tende a diventare un villaggio globale.
L’uomo cittadino del mondo deve essere libero di muoversi per il mondo; dobbiamo arrivare a un uomo che viaggia non per disperazione, non perché stimolato da voglie di consumo, ma per bisogno di conoscenza. Ma solo se si mettono al centro delle questioni mondiali il pane e il lavoro si può avere un qualche risultato.
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La difficile realtà della fratellanza oggiOccorre parlare nel concreto dei problemi difficili connessi con l’emigrazione per evitare un generico e facile possibilismo.
I viaggi per mancanza di pane e di lavoro generano flussi migratori che vanno in qualche modo contenuti per non aggiungere disperazione ad altra disperazione.Vanno stipulati accordi con i paesi da dove provengono realmente i flussi migratori per contenerli con investimenti economici; vanno evitati gli accordi con i paesi di passaggio che si limitano a operazioni di polizia; vanno messi sotto accusa i regimi che provocano fughe di massa di rifugiati.
L’accoglienza per gli emigrati va vista all’interno di un progetto lavoro che non si può basare sul lavoro irregolare, precario e in nero. Le forme di reclutamento della mano d’opera straniera non possono essere lasciate alla iniziativa di padroni e padroncini privati, sono necessari aspetti di collocamento con vigilanza pubblica.
La cittadinanza italiana deve essere attribuita con regole e tempi certi e deve comportare la tutela della famiglia e dei minori.
I cittadini italiani di etnia ROM vanno considerati cittadini italiani a tutti gli effetti e non cittadini di serie B. La UE deve trovare un accordo con la Romania anche per una soluzione territoriale autonoma per i ROM.
L’Italia e la UE debbono considerare l’Africa come continente in sviluppo investendo soprattutto in formazione culturale, tecnica e scientifica per le nuove generazioni. Con lo sviluppo dell’Africa non solo si arginano i flussi emigratori ma si buttano le premesse per un nuovo moderno sviluppo europeo.Queste sono solo delle tracce per costruire qualche forma reale di fratellanza e per non rimanere nel vago.
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La fratellanza nei diritti dell’uomoIl capitalismo delle nazioni ci portò alla prima e alla seconda guerra mondiale; oggi pare che il capitalismo sia meno coinvolto dagli interessi nazionali per la sua nuova capacità di raccogliere potentati internazionali interessati ad un arricchimento sterminato; ciò fino ad ora non ha determinato una guerra mondiale ma ha determinato un pullulare di piccole guerre e nuove diffuse forme di schiavitù. La fratellanza degli uomini liberi non può fare riferimento agli interessi del capitalismo internazionale ed è proprio in contrasto con questi interessi che può cominciare a produrre qualche risultato, per questo è necessaria la nascita di un grande movimento sindacale internazionale dei lavoratori capace di dialogare con le forze politiche.
E’ necessario che la politica non sia soffocata dall’interesse economico. La sinistra deve essere una componente politica completamente autonoma dagli interessi economici. La sinistra italiana deve essere aperta e in grado di promuovere il movimento socialista mondiale, partendo dai diritti del singolo uomo, mettendo al centro le questioni riguardanti il pane e il lavoro.
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Laicità.
Laico origina dal greco λαikòς - del popolo, estensione del termine λαός, laós - popolo e contraddistingueva l'appartenente alla moltitudine degli uomini in contrapposizione agli appartenenti a una comunità chiusa.
La parola laicità si coniuga con la parola libertà e implica che le leggi valgono per tutti gli uomini e che il diritto di libertà del singolo uomo venga posto in cima alla scala gerarchica dei diritti.
Laicità oggi va intesa come bene per tutti, come metodo di lavoro per affrontare la cosa pubblica, come garanzia degli oppositori, come garanzia di tutte le fedi religiose, come garanzia per le libertà individuali e come garanzia per la libertà di associazione.
La laicità rivolta alle istituzioni dello Stato deve dare garanzie di rappresentatività alle maggioranze e alle minoranze, deve essere rivolta alla costruzione di un modello istituzionale che permetta l’alternanza nei poteri.
La tentazione dei gruppi dominanti più forti è quella di operare sulle leggi di tutti per adeguarle a proprio favore e alla propria visione dell’esistenza; la laicità combatte questa tentazione per costruire condizioni di equilibrio sociale.
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Delle tre entità sociali
Una laicità moderna deve essere consapevole dell’esistenza di tre entità che compongono il sociale e l’uomo stesso: l’entità economica, l’entità politica, l’entità culturale. Queste entità vanno viste nella loro preziosa separatezza. Quando queste tre entità tendono a mescolarsi tra loro o quando una di esser tende a prevalere sulle altre, si genera confusione e malessere sociale. Sono come tre colori che vanno tenuti separati per potere fare in modo che possano esprimere tutta la loro intensa cromaticità, se vengono mischiati si ottiene solo un uniforme grigiore. Nella Storia abbiamo diversi esempi di prevalenza di una delle tre entità che hanno prodotto società grigie e pervase dal malessere sociale.
La prevalenza dell’entità culturale può portare a società autoritarie e totalitarie. Il culturale tende ad incidere sui comportamenti morali, si pone come guida nel pensare, ed è un fattore educativo per gli uomini e per la società; ma se il culturale detiene tutte le leve del potere sociale può diventare oppressivo per i comportamenti umani. Gli esempi storici in Europa di stati dominati dal pensiero religioso ci hanno fatto conoscere fenomeni gravissimi di persecuzione come l’inquisizione. Ancora oggi esistono in diverse parti del mondo stati dominati dall’integralismo religioso che non riconoscono basilari diritti umani.
La prevalenza dell’entità economica porta a società apparentemente libere ma nei fatti autoritarie e corrotte. Il prevalere dell’entità economica tende a corrompere tutto: cultura, politica, e tutte le istituzioni dello stato, pur mostrando una apparente laicità. La storia pullula di esempi di questa prevalenza: nel passato i centri del potere economico coincidevano con i grandi proprietari di terre, nella storia moderna la proprietà industriale e finanziaria si è sostituita in quel ruolo di comando. I potentati economici più forti tendono a mantenere i loro privilegi e le loro rendite di posizione, si mostrano liberali in apparenza ma impediscono che si vengano a costruire istituti sociali che permettano l’alternanza dei poteri, possono arrivare a difendere i loro interessi ricorrendo anche alle armi e al delitto. Nelle società a entità economica prevalente, il colpo di stato spesso viene usato come ultima ratio per la difesa dei privilegi (abbiamo avuto esempi tragici nella seconda metà del novecento nel Sud America, come il Cile e l’Argentina).
La prevalenza dell’entità politica porta a società apparentemente ordinate ma totalitarie e capaci di soffocare le libertà individuali. L’esempio storico moderno più pregnante l’abbiamo avuto con gli stati comunisti nel mondo e con il fascismo in Italia. La politica rinuncia al suo ruolo di mediatrice degli interessi sociali, costruisce gerarchie statali di controllo e un sistema di privilegi per se stessa. L’entità politica può esercitare il suo controllo sull’economico e sul culturale, mostra però di temere soprattutto un culturale autonomo perché può avanzare critiche al suo sistema e per evitare ciò diventa persecutrice della libertà di pensiero.
Avere consapevolezza storica dei danni della prevalenza di una entità sociale e riuscire a prefigurarli può servire per costruire un ordinamento statale laico dove ci sia equilibrio tra l’economico, il politico e il culturale.
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Dell’autonomia del culturale e del politico
L’autonomia deriva anche da un quantitativo di beni a disposizione. Se si fa riferimento ai beni le tre entità (economico, politico e culturale) diventano disomogenee nelle forze poiché i beni sono solo prodotti o detenuti dalla entità economica. L’entità economica può essere quella dei grandi capitalisti come può essere quella di tutti i cittadini che privatamente possiedono limitati beni. Lasciare che l’economico finanzi come vuole la politica e la cultura, può sembrare laico e liberale, ma nei fatti significa determinare il controllo dei potentati economici su cultura e politica. Se in qualche modo non vengono posti degli istituti di equilibrio l’entità economica tenderà sempre ad avere il peso maggiore.
Lo stato con l’imposizione fiscale riesce a destinare alle sue istituzioni un ammontare di entrate che possono affluire in modi diversi alla entità politica o alla entità culturale. Fare affluire beni all’entità politica attraverso alti stipendi e privilegi economici crea una forma di privatizzazione della politica che determina ancora una volta un maggior peso dell’entità economica. Le stesse elargizioni fatte in sede politica ai soggetti culturali con criteri discriminatori determinano nei fatti limitazioni di autonomia della cultura. Misure come: la destinazione dell’otto e 5 per mille e il finanziamento pubblico ai partiti attraverso le stesse espressioni di voto, facendo ricorso a meccanismi dove si esplicita una volontà popolare, hanno un carattere più generalizzato e meno discriminatorio; vanno ripensate e corrette per gli aspetti più contraddittori, ma sono da prendere in considerazione per il metodo.
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Della centralità del ParlamentoIl Parlamento nazionale deve essere nei fatti l’unica sede legislativa per l’approvazione di leggi con valore su tutto il territorio nazionale. Le leggi per essere approvate vanno discusse tutte nel merito dal Parlamento e non debbono essere approvate con voto di fiducia; il continuo ricorso al voto di fiducia tiene in ostaggio la stessa maggioranza dei parlamentari riducendoli a sudditi di una ristretta oligarchia. Le leggi che implicano più materie debbono essere esaminate e approvate distintamente; fermo restando il vincolo che una legge che implica una uscita finanziaria deve avere la precisa corrispondenza in una entrata finanziaria certa.
La fiducia del Parlamento al Governo va intesa come complessiva fiducia del fare e non deve essere chiesta in relazione all’approvazione di specifiche leggi; il determinarsi di maggioranze diverse in Parlamento in relazione all’approvazione di leggi non implica la caduta del Governo. Il Governo deve accontentarsi del suo ruolo propositivo, esecutivo e di coordinamento e rispettare il ruolo del parlamento in materia legislativa. La fiducia al Governo va posta solo al momento dell’insediamento al Governo, non va più richiesta in relazione all’approvazione di specifiche leggi e può essere tolta con espressa sfiducia complessiva che preveda l’espressa richiesta di insediamento di un nuovo governo con una nuova maggioranza.
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Della rappresentativitàUna democrazia improntata alla laicità deve garantire la rappresentatività delle maggioranze e delle minoranze, la governabilità, e l’alternanza tramite nuove convocazioni elettorali. La legge elettorale è una legge chiave di garanzia della democrazia parlamentare, non può essere determinata solo da coloro che hanno vinto precedenti elezioni.
Il Parlamento deve raccogliere attraverso la rappresentatività tutto il dibattito politico presente nel paese. La legge elettorale deve permettere l’elezione su base territoriale di candidati rappresentativi del territorio e deve anche permettere l’elezione su base nazionale di candidati rappresentavi di correnti di pensiero. Un gruppo politico che sul territorio nazionale raccoglie 500 mila voti deve necessariamente avere una rappresentanza in Parlamento; il limite percentuale per la rappresentatività nel parlamento del 4% è un gravissimo danno alla democrazia rappresentativa, determina un peso superiore per i localismi, isola i gruppi politici diffusi sul territorio nazionale dal dibattito politico parlamentare e determina la crescita di una politica extraparlamentare.
La rappresentatività politica si coniuga attraverso simboli e persone, il cittadino nel votare deve sempre poter esprimere la preferenza anche per la persona. Il criterio della non eleggibilità dopo il secondo mandato è un buon criterio che può assicurare un minimo di rotazione per le cariche parlamentari e di governo. Gli ex parlamentari non più eleggibili potranno contribuire nel dibattito politico attraverso partiti e centri di studio politico, ne avrebbe un beneficio la politica in generale che non può ridursi solo all’occupazione di un seggio in Parlamento.
L’istituto della doppia Camera in Italia è stato ereditato dal regime monarchico per giustificare i privilegi di casta della camera alta; oggi è una inutile duplicazione dell’organismo legislativo. Può bastare una sola camera con non più di 500 deputati, tutti eletti; le cariche a vita di ex presidenti e personaggi illustri vanno eliminate (i personaggi illustri possono sempre avere un peso nel dibattito se riescono ad influenzare con la loro saggezza il dibattito politico in sede culturale o possono sempre fare ricorso a una elezione).
L’introduzione in Italia di una doppia camera come il senato delle regioni potrebbe comportare:- il solito ritardo nell’approvazione definitiva delle leggi; - conflitti di competenza tra le due camere (l’idea di affidare a questo nuovo senato le leggi in materia economica è assurda; le leggi economiche hanno grandi riflessi sul sociale, e le leggi sociali e di costume hanno grandi riflessi in economia); - un deterioramento del tessuto nazionale unitario (la sedia in senato sarebbe vissuta come una particolare rappresentazione di localismi).
Tutta la grande parte dei deputati di una sola camera, eletti con criteri territoriali, basta ed avanza per rappresentare le istanze locali.
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Della divisione dei poteri e della governabilitàUn premio di maggioranza in seggi a un partito o coalizione vincente va a detrimento del criterio della rappresentatività; può essere utile per assicurare un minimo di uniformità di indirizzo e di stabilità di governo, ma non deve essere così elevato al punto di stravolgere il criterio della rappresentatività (le recentissime vicissitudine politiche italiane dimostrano che i premi di maggioranza non assicurano di per sé la solidità delle maggioranze; la solidità dipende sempre dalla unità degli intenti).
Una elezione a parte del presidente dell’esecutivo non è la soluzione miracolistica per determinare l’unità degli intenti. La questione di rilievo è sempre la salvaguardia della funzione legislativa del Parlamento; anche in Francia e in USA, dove vige una repubblica presidenziale, quando in Parlamento esiste una maggioranza diversa il presidente accetta nei fatti il suo ridimensionamento. La repubblica presidenziale non può intendersi come libertà di fare per chi è stato eletto presidente. Per la storia del nostro paese, dove passate esperienze, dal fascismo ad oggi, hanno mostrato una propensione dell’esecutivo ad espandersi, è preferibile un limitato premio di maggioranza in Parlamento.Della necessaria autonomia del potere giudiziario si è accennato in qualche modo alla parola Giustizia.
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Dell’autonomia amministrativa e del federalismoIl federalismo si intende quando stati autonomi sono tenuti insieme da un patto federale. In una realtà come quella italiana, unità dalla lingua, dalla cultura, da una religione diffusa su tutto il territorio, da interessi economici dipendenti e con una storia di unità legislativa di 150 anni, parlare di federalismo è quantomeno improprio; si tratta nei fatti di una necessaria ampia autonomia amministrativa che può spaziare dalla fiscalità all’amministrazione del territorio.Riconoscendo il Parlamento nazionale come unico organo legislativo l’autonomia degli enti territoriali è una autonomia delegata anche se ha un rilievo di carattere costituzionale.
Le unità amministrative autonome vanno intese in forma moderna e avendo come riferimento l’evolversi delle necessità del territorio, oggi si possono individuare in Italia: Regioni, Comuni, Aree Metropolitane. Le regioni come riferimento ad un ampio territorio con una sua tradizione culturale; i Comuni come riferimento ad un limitato aspetto territoriale e ad una tradizione storica culturale; le Aree Metropolitane come riferimento ad una realtà territoriale strutturale di fatto ed in evoluzione che va affrontata con logiche di moderna amministrazione.
Le province, fatte salve quelle province autonome che possono assurgere a ruolo di vere e proprie regioni (es. Bolzano e Trento), sono organismi obsoleti, i poteri delle province vanno delegate alle regioni che possono a loro volta individuare un loro decentramento territoriale che può coincidere o non coincidere con le stesse vecchie province. Dalla scomparsa di province e prefetture si avrebbe un beneficio in termini di snellimento della macchina amministrativa statale; anche molti piccoli comuni vanno accorpati per vicinanza in uniche unità amministrative comunali.
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Della scuolaLa scuola accomuna in sé problemi relativi alla Laicità, alla Libertà e alla Uguaglianza. E’ una specie di punto di incontro di tre necessità.Se sotto il profilo della libertà si deve garantire la possibilità di fondare scuole private; si deve avere la consapevolezza che laicità, uguaglianza e libertà sono compiutamente affrontate da una scuola pubblica. Le scuole private per la loro stessa natura di parte tendono ad essere poco laiche proprio perché intendono portare avanti un progetto orientato su alcune specifiche scelte culturali e i singoli insegnanti delle scuole private debbono accettare il progetto orientativo. Anche gli stessi eccessi di integralismo delle scuole private sono limitate dall’esistenza nei fatti di una grande scuola pubblica.
Nella scuola pubblica italiana fino ad oggi la laicità è stata assicurata dando uno spazio alla religione ben distinto dal corpo delle materie insegnate e facendo sì che non pesassero in modo preponderante particolari correnti culturali; la libertà di insegnamento è stata posta nello stesso dettato costituzionale; l’uguaglianza è stata affrontata assicurando una quasi gratuità fino alle scuole medie superiori.
La Sinistra deve difendere la scuola pubblica e potenziarla.
L’accesso alla docenza nella scuola pubblica non può essere definito da metodi cooptativi (metodo che può essere usato nelle scuole private); per il carattere pubblico della scuola va assicurata la forma concorsuale (o per esami o tramite graduatorie di merito) sulla base dei titoli di studio, di ricerca, e sul riconoscimento di acquisite esperienze professionali.
L’autonomia culturale riconosciuta alla scuola pubblica (compresa l’Università) non deve essere la scusa per avviare un processo di privatizzazione; il centro di autonomia della scuola pubblica non può essere altro che il collegio docenti o il senato accademico.
La scuola pubblica a livello nazionale e regionale non può essere affidata solo all’autorità politica ministeriale e regionale; essendo la scuola un organismo che fa riferimento alla cultura l’aspetto della sua autonomia deve esprimersi anche a livello nazionale e regionale. Sono necessari un consiglio nazionale e uno regionale per la scuola pubblica in grado di esprimere pareri su programmi, indirizzi di studio, scelte didattiche e organizzative; tali organi debbono essere elettivi e rappresentativi dei docenti della scuole e delle università.
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Per una informazione libera e laicaLa libertà della divulgazione del pensiero è un diritto che prescinde dalla stessa laicità, il portatore di un pensiero non laico ha il diritto a poterlo divulgare allo stesso modo del portatore di un pensiero laico. La laicità deve essere di riferimento per gli spazi dell’informazione e di divulgazione del pensiero. La laicità deve fare in modo che partiti, potentati politici ed economici ed anche potentati culturali non vengano a detenere spazi tali da determinare posizioni di dominio e atti ad escludere soggetti individuali e associazioni minoritarie.
Chiunque deve esser libero di poter fondare un giornale o uno strumento informativo o di divulgazione del pensiero. Uno stato laico deve favorire la crescita degli strumenti di comunicazione eliminando ostacoli burocratici e impedendo fenomeni di concentrazione.
Oggi per una informazione libera e laica va garantito a tutti il libero accesso a internet, vanno ampliate le possibilità di creare nuovi canali televisivi a nuovi soggetti; e la televisione pubblica, lungi dall’essere privatizzata o ridimensionata, deve permettere nei suoi spazi l’accesso a una molteplicità di soggetti politici e culturali.
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Pace.
Le prime sette parole e l’ottavaIn questo percorso delle parole le ultime due parole pace e felicità sono parole derivate; solo dopo una qualche compiutezza delle parole pane, lavoro, libertà, uguaglianza, giustizia, fratellanza, laicità, si può arrivare a parlare di pace e di felicità; altrimenti si naviga ancora nel mare della sofferenza e anche se la sofferenza può riguardare un limitato numero di persone è tale da generare un malessere che si spande per il sociale di un paese e per il mondo.
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Pace sociale all’interno dello stato e l’ordineCapire se siamo in una società dove vige la pace sociale è molto semplice: una società dove vige una pace sociale avrà sempre meno bisogno di giudici, di poliziotti e di carceri; pare che nel nostro paese ci sia molto bisogno di questi strumenti e se ne chiede il potenziamento. L’ordine è il presupposto di uno stato per esistere, ma se le leggi di uno stato per essere applicate ed accettate hanno bisogno di un grande dispiegamento di forze coercitive siamo di fronte alla mancanza di pace sociale.
In una società dove il mito è la ricchezza e buona parte dei cittadini non arriva neanche a livelli minimi di soddisfazione dei bisogni primari non c’è pace sociale, c’è una condizione di rassegnazione o fughe individuali verso l’esasperazione; le manifestazioni è gli scioperi vanno verso una forma collettiva di rappresentazione del dissenso, evitano l’esasperazione individuale e cercano di formulare richieste collettive di cambiamento.
Le manifestazioni e gli scioperi sono il simbolo di una società civile che riesce ad esprimere il suo dissenso in forma libera ed esplicita; la classe politica ha il dovere di relazionarsi con chi sciopera e con chi manifesta per adempiere al suo ruolo principe di mediazione nei conflitti sociali e per elaborare leggi che in qualche modo accolgano nuove istanze dei cittadini che protestano. Se la classe politica rinuncia a questo ruolo di mediazione si vengono a determinare fratture determinanti.
Agli inizi del novecento si è determinato in Europa e in Russia un livello di scontro tale da innescare dei processi rivoluzionari; la rivoluzione russa degli inizi del secolo ha condizionato tutta la storia del novecento. La componente politica dei comunisti bolscevichi rinunciò ad ogni ruolo di mediazione, decise di guidare tutto il dissenso e di cambiare il destino della storia per costruire un nuovo modello sociale. L’iniziale modello sociale di riferimento fu quello dei soviet, un movimento dei consigli che ebbe una sua spontanea crescita partecipativa per i primi anni e che poi si trasformò in una struttura statalista. La successiva parabola stalinista con la repressione di ogni dissenso mostra come un processo rivoluzionario non è di per se risolutivo di tutti i torti sociali e può generare nuovi torti.
Un processo rivoluzionario è spesso drammatico, genera morti e distruzione innescando successive vendette e sofferenze. La tanto osannata rivoluzione borghese in Francia è stata la più sanguinaria delle rivoluzioni e viene giustificata solo perché portò al potere la borghesia; gli altri processi rivoluzionari vengono in qualche modo demonizzati perché hanno avuto come scopo quello di uscire dal sistema sociale borghese.Il sistema sociale borghese capitalistico di oggi in Italia è in qualche modo condizionato da alcuni istituti sociali promossi anche dal movimento operaio e socialista; questi istituti vanno dai diritti sindacali e associativi al sistema previdenziale, dal sistema sanitario pubblico alla scuola pubblica. La società italiana si può definire come una società a capitalismo frenato dai diritti e dall’imposizione fiscale; possiamo proseguire sulla strada delle riforme o accettare la logica del tanto peggio tanto meglio di una società a capitalismo sfrenato per poi sperare in un ipotetico momento rivoluzionario.
L’acquisizione della consapevolezza dei diritti dell’uomo è un processo che coinvolge tutti gli uomini del mondo, è una evoluzione dell’uomo stesso che non può essere determinata con atti forzati, può essere solo promossa e indirizzata; la strada pacifica dell’acquisizione di questa consapevolezza è sicuramente da preferire.
La strada di un lungo processo di riforme per migliorare la società non è il riformismo, non si tratta di preferire le riforme qualsiasi esse siano, si tratta scegliere e portare avanti riforme che migliorano la vita dell’uomo.
I tempi lunghi di questo processo spesso contrastano con necessità immediate e drammatiche, per questo i problemi del pane e del lavoro vanno visti sempre in capo alla gerarchia dei problemi e la sinistra deve adoperarsi per arrivare a soluzioni immediate di tali problemi.
Occorre avere la consapevolezza che la democrazia rappresentativa, la libertà di espressione del pensiero e di associazione, sono istituti su cui è necessaria una costante vigilanza, chi ha grandi privilegi può decidere con un tratto di penna di spazzare via ogni libertà per chi lotta contro questi privilegi. La pace sociale è una condizione da ricercare ed anche da difendere.
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Pace tra gli stati sovrani e ordine internazionaleLa pace che si è determinata dopo la seconda guerra mondiale è stato un lungo periodo di equilibrio tra due stati super armati sul piano nucleare, una continua guerra spionistica, una continua sorveglianza sulla propria sfera di influenza di USA e URSS. Siamo stati più di una volta ad un passo dalla terza guerra mondiale. Le società democratiche occidentali sono state di fatto con poteri bloccati, ogni possibile cambiamento veniva in qualche modo vanificato da operazioni di influenza spionistica e da colpi di stato. Il Vietnam, la strategia della tensione in Italia dopo il ’68, il colpo di stato in Cile, sono solo alcuni esempi della sfera d’influenza americana; sull’altro fronte si possono ricordare alcuni esempi come l’invasione della Cecoslovacchia e l’avventura sovietica in Afghanistan. I sessanta anni che ci separano dalla seconda guerra mondiale sono stati sessanta anni di pace guerreggiata nelle periferie del mondo.
La fine dell’impero sovietico non ha determinato una migliore condizione per la pace nel mondo; il ruolo degli USA si è accresciuto, il ruolo della Russia in termini di armamenti non è diminuito; è aumentata la proliferazione degli armamenti nucleari con nuovi stati che si sono dotati di tali armamenti; il conflitto storico tra Palestina e Israele è ancora nel pieno dello scontro e si è aggiunto uno scontro con il mondo mussulmano che va oltre il confine degli stati; l’ONU come organismo internazionale non si è evoluto ed è rimasto debole. Viviamo una pace precaria con rumori di guerra in lontananza, una guerra nucleare non è stata scongiurata ed è in grado di portare una catastrofe sulla terra e nell’animo degli uomini.
Operarsi per la pace per la sinistra è un compito primario e va visto nel senso della fratellanza universale, nel contempo trattasi di un compito difficile che non può essere affrontato con slogan che esasperano lo scontro tra i popoli: la politica USA non si può identificare con tutti gli americani, la mancanza di rispetto dei diritti dell’uomo in Cina non può identificarsi con tutti i cinesi, il terrorismo integralista non può essere identificato con tutti gli arabi, la politica dello stato di Israele non può essere identificata con tutti gli ebrei,....
E solo attraverso un grande movimento internazionale per la pace che si può costruire la pace, un movimento internazionale capace di superare i confini degli stati. Le componenti politiche più sensibili alla pace e le componenti culturali debbono partecipare alla costruzione di questo grande movimento. Le donne, se finalmente si saranno stancate di imitare gli uomini, con la loro partecipazione potranno contribuire a questo movimento per la pace in modo determinante. Si stratta di una grande battaglia culturale per il riconoscimento dell’uomo a cominciare dal problema del pane che diventa centrale per questo movimento, perché non ci può essere pace all’ombra della miseria più crudele.
L’ONU, come assise internazionale degli stati, non va messo in crisi e ne va potenziato il suo prestigio, il suo ruolo di mediazione nelle controversie deve diventare centrale. La non proliferazione delle armi nucleari deve andare di pari passo con la eliminazione delle armi nucleari e con il disarmo globale, la guerra deve diventare il tabù dell’uomo moderno; le fabbriche di armi debbono essere convertite in aziende che fabbricano macchinari per l’agricoltura e che operano per il disinquinamento del pianeta. Tutto ciò è possibile, solo l’ingordigia e la stupidità sono di ostacolo. Il mondo oggi, per questo uomo che si è disseminato in ogni angolo della terra, è ormai su una strada di non ritorno, ci sono solo due possibilità davanti: la distruzione o l’utopia di una pace che è diventata necessità.
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Felicità.
La felicità è uno stato individuale di piacere che ci soddisfa nel corpo e nello spirito che può derivare: dalla natura che ci circonda, dal nostro stesso pensiero, dal comportamento di altri individui a noi vicini, e dal complessivo comportamento del sociale umano che ci circonda; se il comportamento sociale non è riuscito a porre un qualche rimedio alla sofferenza originata nella stessa vita sociale anche le condizioni per una felicità individuale diventano molto precarie.
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Del desiderio dei beniL’uomo inappagabile per il desiderio di “cose” è l’ uomo disegnato dal capitalismo ed è funzionale alla macchina produttiva del capitalismo stesso. In epoche lontane chi gestiva il potere proponeva conquiste di nuove terre, religioni e grandi feste collettive. Oggi tutto pare ruotare attorno agli ipermercati e ai prodotti da consumare; il prodotto comprato dopo poco tempo genera di nuovo vuoto e noia e si pensa di superarla con il desiderio di un nuovo prodotto; tutto il tempo dell’uomo viene consumato dalle cose, prima per produrle e poi per utilizzarle e consumarle.
Desiderare di possedere una grande villa e un grande yacht per attraccare in ogni porto è un desiderio che sul piano individuale pare possibile, ma che diventa assurdo se si fa riferimento a tutti gli uomini della terra; basta immaginare che possa venire realizzato e la terra si trasforma in un inferno: miliardi di grandi yacht ad affollare i mari e a causa di tutte le ville sparse neanche un pezzo di terra per la produzione agricola. Allora la misura del desiderio di alcune cose, le cosiddette cose “esagerate”, non è l’avere le cose ma il fatto che gli altri non l’abbiano. Se si fa ricorso alla consapevolezza quel desiderio diventa solo una stupida prepotenza, diventa meno sciocco desiderare una piccola barca, una casa modesta, qualche amico in più, vivere senza lecchini pronti ad adularti e senza bisogno di guardie di scorta.
La battaglia contro l’ingordigia e la stupidità è una grande battaglia culturale che non realizza la felicità ma almeno crea un terreno fertile per la felicità.
Quello che rende l’uomo inappagabile non è il desiderio delle cose ma: l’ansia di essere riconosciuto, la noia dell’esistenza quotidiana, il desiderio di dimenticare la morte e di superarla, la rinuncia a pensare.
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Del riconoscimento del lavoroL’uomo oltre ad avere un bisogno di pane, di lavoro, di libertà, ha bisogno di riconoscimento del suo valore individuale. Il riconoscimento può arrivare dai rapporti privati, famiglia, amici, incontri, e può arrivare anche dal corpo sociale, il riconoscimento del corpo sociale certo non compensa il riconoscimento nei rapporti privati familiari e di amicizia ma aiuta nella ricerca della felicità.
L’apprezzamento del lavoro svolto è importante per il riconoscimento del valore dell’uomo, ed avviene con la remunerazione economica e con il prestigio sociale. Una società che riserva a chi fa lavori umili paghe miserabili e disprezzo sociale è una società che crea un inferno permanente nelle coscienze.
L’uguaglianza remunerativa non è stata portata avanti neanche dal comunismo, è stata ipotizzata solo da alcuni utopisti. L’uguaglianza remunerativa viene considerata pericolosa perché, dicono diversi economisti, potrebbe privare dei necessari stimoli alla competizione umana con conseguenze negative per gli studi e la ricerca. Se lo studio e la ricerca sono un piacere della conoscenza ciò non dovrebbe accadere; ma, considerato questo stadio di evoluzione dell’uomo, può essere utile mantenere le differenze remunerative. Va, altresì, considerato che l’eccessiva distanza remunerativa procura anch’essa dei guai, poiché la maggiore remunerazione viene riservata a pochi e si vengono a determinare processi di esclusione che possono portare lo stesso alla rinuncia dello studio e della ricerca. Una distanza remunerativa non eccessiva, che prenda in considerazione il necessario riconoscimento per i lavori umili e quello premiale per lo studio e la ricerca, può essere la via maestra per limitare i danni del mancato riconoscimento nel lavoro.
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Della liberazione del tempoIl tempo dell’uomo non può identificarsi solo con il lavoro, anche il lavoro che gode del più ampio riconoscimento può diventare una trappola alienante, è necessario per tutti gli uomini un tempo liberato dal lavoro che possa essere dedicato a libere scelte; questa libertà di tempo potrà tradursi in pensiero, arte, musica, gioco, famiglia, amicizia.Liberare del tempo dal lavoro può realizzarsi con dispositivi contrattuali in qualche modo condivisi dalle parti sociali; ma vanno anche promosse tutte le scelte di flessibilità volontaria fatte dallo stesso lavoratore per una diminuzione del tempo di lavoro a fronte di una minore retribuzione.
L’accrescimento della produzione non genera di per sé benessere e anzi può generare addirittura malessere; un uomo liberato dalla prigionia delle cose può desiderare meno cose e arrecare meno danni alla terra, potrà scegliere di produrre e consumare solo quello che realmente gli serve.
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Della ricerca della felicità tramite la dimenticanzaMolti uomini cercano la felicità tramite la dimenticanza, a volte scegliendo un mondo immaginario che li allontani il più e possibile dalla realtà, ripetendo un gioco o vizio; gli uomini che cercano la felicità attraverso la consapevolezza e l’accrescimento dello spirito sono ben pochi.
Non va demonizzata o ridicolizzata la ricerca della felicità attraverso la dimenticanza, l’immaginario o il gioco perché fa parte delle necessità umane. Una società che perseguita le prostitute e i clienti, che sbatte dentro il carcere un ragazzo che si droga, che impedisce di fumare una sigaretta anche all’aria aperta; sta solo costruendo una società del malessere come lo fu quella americana del periodo del proibizionismo.
Lo stato non può porsi come estremo moralizzatore nei comportamenti: deve però impedire quei comportamenti che nella ricerca del proprio piacere vengono a determinare sofferenza per altri individui; si impongono come necessarie leggi contro la riduzione in schiavitù, contro lo sfruttamento della prostituzione, per la tutela dei minori. In quanto alle droghe bisogna avere il coraggio di entrare nel merito delle droghe stesse e dei loro effetti, dare una informazione corretta, lasciare libero il consumo e la produzione di quelle droghe che non comportano danni, combattere strenuamente lo spaccio e il consumo delle droghe che comportano danni. E’ assurda una società che, solo per il fatto di essere grande produttrice di vino ed alcool li magnifica e li pubblicizza, pur conoscendo i gravi danni irreversibili dell’alcolismo, e, arriva a demonizzare una pagliuzza.
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Della ricerca della felicità tramite la consapevolezzaLa religione, che è stata per l’uso fatto dal potere l’oppio dei popoli, se le la si considera come risposta alle angosce profonde dell’uomo ha un diverso valore; gli spazi di riflessione sulla morte attraverso la religione o attraverso la ricerca culturale sono essenziali per l’uomo stesso. Le leggi debbono tutelare tutte le fedi religiose e la stessa ricerca di agnostici e atei.
Lo sport va promosso socialmente come strumento per trasformare la contesa in un gioco, per educare al rispetto dell’avversario e al rispetto delle regole che nello sport sono parte integrante del gioco.
Va promossa la grazia architettonica che crea bellezza e rende meno grigia la vita quotidiana nelle città.
Vanno promosse tutte le arti e la musica poiché per il loro procedere verso la bellezza e l’armonia aiutano l’uomo nella ricerca della felicità.
La gratuità o il prezzo molto contenuto per fruire di importanti eventi culturali avvicina individui che altrimenti sarebbero esclusi potenziando la funzione educativa dello stesso evento culturaleL’investimento in arte e cultura non si può considerare un investimento a perdere, si tratta di un investimento con un ritorno in tempi lunghi in termini di evoluzione dell’uomo e può essere un investimento con un ritorno immediato per la sua capacità di aggiungere elementi di felicità.
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A conclusione delle parole.
Il percorso verso la felicità parte dal pane accettando la consistenza materica del nostro corpo, prosegue nel lavoro che ci lega agli altri uomini, rivendica la libertà nella parola come espressione del pensiero, valorizza le differenze nella ricerca dell’uguaglianza, colma la nostra ansia di giustizia, allarga la speranza alla fratellanza, prepara nella laicità una casa per tutti per vivere in pace.
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(immagine “la mano sinistra” fotografia © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)

5 commenti:

  1. Quanto meno hai fornito un bel po' di materiali su cui riflettere! A fondo!

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  2. Questi tuoi blog sono necessari.
    Fortunatamente li ho trovati.
    Grazie, da ora ti seguirò con grande interesse.
    Buona domenica!
    Lara

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  3. si veramente necessari e interessanti.

    nonnina

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  4. Quando ho un pò di tempo mi diletto a leggere i tuoi post. Questo è certamente uno di quelli che fa pensare. Naturalmente apprezzo quasi tutti i concetti da te espressi con linearità e stile. Ti propongo di approfondire un concetto, secondo me molto importante, che riguarda la necessità di approntare una NETTA SEPARAZIONE fra i tre poteri dello Stato (Esecutivo, Legislativo e Giudiziario). Con la necessità di impedire, per legge, il facile passaggio fra di loro. Per ovvi motivi di... Giustizia, di LIBERTA', di Uguaglianza. Ciao. Domus

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  5. a Domus,
    quella separazione di cui parli, insieme a una legge elettorale che rispetta le minoranze, sono il cardine della democrazia, una democrazia senza garanzie è solo arroganza di una maggioranza di interessi. Ti ringrazio per l'attenzione, mi auguro che il livello del confronto si possa alzare. La sinistra ha meno di due anni per mettere a punto qualcosa, altrimenti rischia di vincere le elezioni senza avere un po' di chiarezza...
    ciao

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